Storia di Israele e dell’Ebraismo

Breve Storia della Comunità Ebraica di Roma

La presenza degli ebrei a Roma risale già al II sec. a.C., ma sarà con la conquista della Giudea e di Gerusalemme da parte di Pompeo, nel 64 a.C., che molti ebrei verranno condotti a Roma per il trionfo del generale romano. I prigionieri ebrei, venduti come schiavi, verranno riscattati dai loro correligionari, soprattutto mercanti ebrei arrivati a Roma attratti dai commerci, e insieme creeranno una prima importante comunità, ulteriormente ingrandita con l’arrivo dei prigionieri ebrei per il Trionfo di Tito, il quale distruggerà la città e il tempio di Gerusalemme nel 70 d.C.

Con Cesare e poi Augusto gli ebrei avranno alcune agevolazioni e riguardi in senso soprattutto del rispetto delle regole della religione ebraica, sarà così concesso loro di rispettare le festività, specie quella dello shabbat, tanto da essere ad esempio esonerati dal servizio militare – non potendo combattere di sabato. Per tutto il periodo romano, gli ebrei furono sostanzialmente un gruppo integrato alla società romana, soggetto di volta in volta a restrizioni, ma raramente perseguitati come invece avverrà con i cristiani.

E’ con l’imperatore Costantino e l’affermazione del Cristianesimo che cominciano ad essere introdotte le prime restrizioni: il celebre Editto di Milano del 313 d.C. concedeva la piena libertà di culto ai cristiani. Più precisamente, tale Editto concesse per la prima volta la possibilità di scegliere come propria religione anche quella cristiana, e soprattutto tolse al paganesimo il valore di religione di stato. In questo senso, la più estesa libertà di culto non fece che confermare anche agli ebrei il diritto di professare la propria religione. Le restrizioni che li coinvolsero erano volte infatti più a garantire la diffusione della nuova religione, il Cristianesimo, che ad ostacolare o distruggere gli ebrei. Vengono così stabiliti i rapporti con la sinagoga imponendo, tra le altre cose, il divieto di conversione all’Ebraismo (punita con la confisca dei beni), il divieto di matrimonio tra donna cristiana ed uomo ebreo (punito con la morte), vantaggi per chi abiura l’Ebraismo.

In epoca alto-medievale Papa Gregorio Magno (590-604 d.C.) emana una bolla che stabilisce i rapporti e i limiti entro i quali gli ebrei devono muoversi nel rispetto della fede cristiana, la non trasgressione dei quali garantisce agli ebrei una larga autonomia nelle loro abitudini e nella pratica della loro fede, nonché la punizione di coloro che si macchiano di crimini o maltrattamenti nei loro confronti.

Verso il 1000 sono citate alcune Scole ebraiche – la Scola ebraica è una struttura che unisce al tempio/sinagoga il luogo dell’indottrinamento e dello studio – che insieme al pontificato di Papa Anacleto II (1131-1138 d.C.) della potente famiglia dei Pierleoni (di origine ebraica) attesta una raggiunta certa integrazione. E’ senz’altro degno di menzione il processo secondo cui, intorno all’anno 1000, in tutti i paesi cristiani vengono istituite le Corporazioni di arti e mestieri, per appartenere alle quali bisognava professare la fede cristiana. Da questo momento gli ebrei, esclusi da ogni a campo di attività, sono sospinti verso l’unica professione preclusa ai Cristiani, che avevano il divieto di maneggiare denaro: il banchiere. La vita degli ebrei subisce un mutamento radicale non solo in Italia, ma in tutta Europa: facendo commercio di denaro gli ebrei si rendono necessari ovunque, ed è per questa sola ragione anche che ovunque sono tollerati. Gli ebrei di Roma possono considerarsi i pionieri di questa nuova attività economica: i banchi di credito.

Ancora per tutto il Medioevo e parte dell’epoca Rinascimentale, gli interventi dei papi si limiteranno a restrizioni circoscritte, con alcune eccezioni, dalle conseguenze particolarmente gravi, come l’imposizione del segno di riconoscimento glauco e giallo voluto da Innocenzo III nel 1215.
Il 12 luglio 1555 papa Paolo IV Carafa (1555 – 1559) emette la Bolla Cum nimis absurdum, che istituisce il ghetto di Roma, ad imitazione del ghetto degli ebrei istituito a Venezia nel 1516 – primo ghetto al mondo. La creazione stessa del ghetto, come la durezza degli interventi successivi si spiegano con la contingenza storica, ovvero la Controriforma. Nella strategia del papato contro la Riforma Protestante, gli ebrei non erano accusati di eresia, ma di una particolare eterodossia. Nel momento in cui Paolo IV sale al soglio pontifico, per confermare la posizione rigorosa della Chiesa nei confronti dell’eresia, verranno emanate nuove e dure restrizioni nei confronti di tutti i non cristiani – primi, a Roma, proprio gli ebrei in quanto comunità numerosa e importante.
L’area scelta da Paolo IV per il ghetto era di fatto già abitata in maggioranza da ebrei, i quali inizialmente stanziatesi tra Trastevere e l’Aventino, che da epoca antica erano le zone dell’insediamento degli stranieri e dei commerci, avevano cominciato ad occupare anche la sponda sinistra del Tevere, all’altezza dell’isola Tiberina, attratti soprattutto dal mercato ai piedi del Campidoglio e dalle attività legate al fiume.
Paolo IV incarica della costruzione del muro/recinto Silvestro Peruzzi, figlio del più famoso Baldassarre, che lo innalza nel giro di pochi mesi (luglio-ottobre 1555) a spese dell’Università ebraica, struttura amministrativa e giurisdizionale della comunità.

Il recinto del ghetto delimitava un’area ristretta di soli 3 ettari, internamente attraversata da 3 strade principali: la via Rua (attuale via del Portico di Ottavia), una via centrale (l’attuale via Catalana), e la via Fiumara (sostituita dal lungotevere dei Cenci nel tardo 800). Nella via Rua c’erano i negozi più importanti, mentre nella parte centrale erano moltissime viuzze e vicoletti, come via delle Azzimelle – con i forni per il pane azzimo, la p.tta dei Macelli – dove veniva mattato ritualmente il bestiame, e cosi via.
Negli anni successivi l’atteggiamento dei papi sarà orientato a riconfermare più o meno blandamente la bolla di Paolo IV. Sarà solo con Sisto V Peretti (1585-1590) che gli ebrei avranno un trattamento favorevole, molte restrizioni annullate e soprattutto l’area del ghetto allargata.
Le Bolle di Paolo IV Carafa e i provvedimenti successivi voluti da Pio V e Clemente VIII andranno a costituire di fatto quella che viene chiamata la Charta degli ebrei, ovvero tutte quelle limitazioni divieti e regole alle quali gli ebrei erano costretti a sottostare.
Per tutto il ‘600 e il ‘700 gli ebrei del ghetto rimasero relegati all’interno del muro, obbligati al rispetto dei regolamenti e vessati da continue imposte, anche se spesso succedeva che nell’applicazione dei regolamenti stessi ci fosse una certa indulgenza. Se con la Repubblica giacobina e poi con la Repubblica Romana del 1849 gli ebrei ebbero modo di oltrepassare il muro del ghetto, sarà solo con l’avvento del Regno d’Italia, in seguito alla presa di Porta Pia il 20 settembre 1870, che finalmente cadranno tutte le restrizioni.

CURIOSITÀ

• La predica coatta

Nel 1278 Papa Niccolò III introduce la cosiddetta Predica Coatta. Il papa aveva sollecitato l’Ordine domenicano a scegliere un predicatore tra i frati, il più qualificato, idoneo, dotto e di integri costumi, che doveva ottenere la conversione attraverso il solo uso della parole. A queste prediche non c’era l’obbligo di partecipazione. Sarà con Papa Gregorio XIII Boncompagni (1577) che la predica viene imposta e doveva essere svolta una volta alla settimana, preferibilmente di sabato e doveva riguardare il testo letto durante la settimana nella sinagoga – una sorta di confutazione in tempo reale.

• Ludi carnascialeschi

Si definiscono con questo termine i giochi a cui già in epoca romana antica dovettero partecipare gli ebrei. Questi furono inizialmente una concessione ai gusti ridanciani e gretti del popolino romano. I cortei più belli e interessanti erano quelli in p.zza Navona e nel quartiere Testaccio, caratterizzati da cortei variopinti.
Se inizialmente gli ebrei partecipavano ai cortei in pompa ed in armi (ben vestiti, con le armature, con i cavalli, il rabbino ecc), si passo col tempo ad una partecipazione sempre più disonorevole. Paolo II Barbo (1464-1471) aveva rinverdito la festa del carnevale che lui amava, con la corsa lungo la via del Corso fino sotto le finestre del suo palazzo in p.zza Venezia. Alle corse dei cavalli, si affiancarono presto le corse dei giovani, dei vecchi e dei giudei.
Queste corse divenne ben presto delle vere e proprie umiliazioni, fino alla corsa di poche ebrei nudi ai quali veniva lanciato del fango. Le corse finiranno con Clemente IX Rospigliosi (1667-1669) che dispensa gli ebrei dalla corsa in cambio di un tributo annuo di 300 scudi d’oro.
Gli ebrei non erano usati solo per le corse, ma anche in altre situazione al limite tra il grottesco e la violenza fine a se stessa. Durante il Carnevale a Testaccio era in uso prendere il più vecchio degli ebrei, metterlo in una botte con dei chiodi interni e far rotolare giù la botte con il vecchio per il Monte dei Cocci. Tale divertimento finiva la maggior parte delle volte con la morte del vecchio ebreo.
Sempre durante il carnevale era consuetudine tenere delle rappresentazioni in maschera: se è vero che nelle maschere romane non esiste il tipo dell’ebreo – come anche nelle maschere italiane, le Giudiate furono un’eccezione. Le Giudiate sono delle rappresentazioni in maschera, inizialmente itineranti su carri e poi fisse, che deridevano le abitudini degli ebrei, dai cortei funebri all’insegnamento rabbinico.

• Il recinto del ghetto

Gli ebrei dovevano attenersi scrupolosamente ai regolamenti imposti dal papa, soprattutto al rispetto del rientro nel ghetto e la chiusura dei portoni alla sera. Sarà il card. Camillo Borghese che impone un unico portinaio che doveva chiudere i 5 portoni del ghetto, un’ora dopo il tramonto d’estate e due ore dopo il tramonto d’inverno. Era tollerata solo mezz’ora di ritardo, altrimenti si doveva essere autorizzati, e mai si poteva ad ogni modo rientrare al massimo passate tre ore dalla chiusura.
Nessun ebreo poteva uscire senza il segno giallo di riconoscimento, tranne coloro che si recavano fuori Roma per le Fiere, ma una volta arrivati a destinazione dovevano metterlo.

• Diritto di possesso (gazagà, dall’ebraico dell’ebraico hăzāqāh «diritto di proprietà»).

Le Bolle di Paolo IV Carafa e di Pio V Ghislieri avevano vietato la proprietà degli immobili per gli ebrei, che dovevano corrispondere un affitto ai proprietari cristiani. L’affittuario ebreo aveva di fatto il possesso dell’immobile, potendolo riaffittare e ristrutturare. Tale diritto di possesso, poteva essere trasmesso di generazione in generazione, sempre garantendo al proprietario cristiano il basso affitto iniziale, in questa maniera diversi ebrei si concessero delle speculazioni finanziarie. Solo nel 1885 il ghetto viene distrutto e con lui tutti i diritti di possesso legati agli immobili.

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