Elementi di propaganda

Decostruire la propaganda delle mappe

Uno degli strumenti preferiti e più utilizzati per alterare la realtà e la storia del popolo ebraico e del suo ritorno alla terra natia è l’uso volutamente deformato, parziale e falsificato di cartine geografiche e urbane, nonché di dati statistici e demografici.

Tutto questo ha il semplice e immediato scopo di creare ad arte nel lettore la sensazione e la convinzione che la creazione dello Stato di Israele sia stata una impresa di natura “coloniale” o “imperialista” avvenuta ai danni di uno Stato arabo già esistente con una sua strutturata popolazione “nativa” ben radicata sul territorio da “tempo immemore”.

Ma le cosa stanno davvero in questi termini? Mostreremp il modus operandi in atto  per decontestualizzare le immagini e i dati con la precisa volontà di alterare  processi storici e demografici.

Ci limiteremo  in questo articolo a illustrare l’uso deformante delle cartine geografiche, utilissime a scopo propagandistico perchè sono di grande impatto visivo ed emotivo. L’utilizzo delle cartine nel lettore non preparato dà l’illusione di riuscire a capire immediatamente lo stato delle cose. Il più delle volte queste cartine sono replicate sui social media, sui giornali o mostrate in  televisione del tutto acriticamente (nel migliore dei casi) o con il preciso intento strumentale di ingannare il lettore o l’ascoltatore.

La cartina 1 riportata qui sotto è un ottimo esempio:

Proveremo ora ad interpretarla e a fornire le corrette informazioni. Generalmente cartine come questa stanno alla base di un ragionamento inteso a dimostrare che la presenza ebraica sul territorio di quello che era parte del territorio del Mandato di Palestina del 1922 prima, e Israele dopo, era esigua e concentrata in alcuni piccoli insediamenti. Si mette in luce solo quello e non si dice nulla delle popolazioni arabe circostanti. L’effetto voluto è chiaro: fare credere che la popolazione ebraica fosse limitata solo in quei pochi centri abitati e tutto il resto fosse posseduto dagli arabi (in molti casi già definiti come “palestinesi” ante litteram). Dove stà l’inganno? Il primo e più evidente è che alcune tra le città più popolate e importanti, riportate nella cartina presa in esame, vale a dire Gerusalemme, Haifa, Safed, Hebron, Tiberiade, e Jaffa le si definisce “città arabe” senza specificare che vi vivevano importanti comunità ebraiche, anzi in città come Gerusalemme, Tiberiade e Safed gli ebrei verso la metà del’800 erano già la maggioranza della popolazione. Secondo, si decontestualizza completamente l’aspetto politico e amministrativo dell’area. Si lascia credere che  esistesse già una entità statuale o politica che si chiamava “Palestina” mentre la realtà dei fatti dice che questa area – come tutto il territorio del Medio Oriente abitato da arabi – faceva parte dell’Impero ottomano e la suddivisione amministrativa era molto diversa (si veda la cartina 2) mentre il termine “Palestina” fu introdotto con il Mandato del 1922. Il termine “Palestina” in nessun momento storico è mai stato usato nè dagli arabi nè dai turchi per nessuna entità politica, statuale o amministrativa.

Il fatto di omettere queste importanti informazioni ha lo scopo preciso di fare credere che tutto – ad esclusione degli insediamenti ebraici – fosse di proprietà araba. Cosa assolutamente falsa. Infatti, la maggior parte del territorio in questione era di proprietà del demanio pubblico: cioè turco e non arabo. Gli arabi possedevano appezzamenti terrieri – molto maggiori di quelli ebraici ma pur sempre esigui rispetto alla totalità del territorio – in mano a poche famiglie di latifondisti, che il più delle volte vivevano altrove: Beirut, Damasco, il Cairo. Ed erano proprio loro che vendevano (a caro prezzo) le terre agli ebrei. Le terre demaniali non venivano vendute ma unicamente quelle private.

Si è accennato in precedenza alle “popolazioni arabe”. Questa è la definizione più corretta per definire le genti di lingua araba presente sul territorio fino alla fine degli anni ’60 del 1900 (il riconoscimento internazionale di un popolo palestinese è avvenuto per la prima volta nel 1970). Il motivo della definizione è che tutto ciò che le accomunava era la lingua araba, tuttavia, esse non costituivono un gruppo etnico/nazionale ben definito: c’erano arabi stanziali musulmani e cristiani (divisi in clan contrapposti), arabi nomadi, drusi, circassi, samaritani (gli unici che possono probabilmente vantare, assieme a sparuti gruppi di ebrei, una continuità storica di presenza continuativa nel corso degli ultimi due millenni) e altri gruppi più piccoli. Inoltre, la maggior parte degli arabi stanziali iniziò ad immigrare in questo territorio alla fine dell’800 in concomitanza con l’immigrazione ebraica. Con l’amministrazione britannica, durante gli anni del Mandato di Palestina, la situazione della proprietà terriera fu razionalizzata e in molti casi sanata. Mai si verificarono casi di espropri ai danni di arabi, anzi in molti casi fu vero il contrario: furono numerose le sanatorie che le autorità inglesi fecero per concedere diritti di proprietà a famiglie arabe che non possedevano titoli legali sui terreni e le abitazioni che occupavano.

Per comprendere meglio quando detto fino ad ora si prenda ad esempio la cartina 3.

Questa è una cartina dell’Italia nella quale si evidenziano le aree urbane e metropolitane più grandi, cioè le aree più popolate della penisola. Senza contestualizzarla, un giorno potrebbe benissimo essere utilizzata in modo distorto per sostenere che “gli italiani” in un determinato momento storico vivessero solo in quelle aree per poi, nel tempo hanno “occupare” tutto il resto, senza specificare se esistesse già uno Stato nazionale. Oggi queste conclusioni possono apparire assurde, ma fra 150 anni?

L’apoteosi della disinformazione tramite l’uso di cartine completamente alterate e dal preciso scopo di mistificare la realtà delle cose è la figura 4. Questa serie di cartine fu utilizzata da Mahmud Abbas e poi da Erdogan in varie sedi internazionali (tra le quali l’ONU) e poi successivamente da tantissimi mistificatori presenti sul web. Il risultato è geniale nella sua falsità.

Una spiegazione esauriente di questa vergognosa mistificazione richiederebbe un trattato ben articolato. Qui ci limiteremo agli aspetti più salienti. Per prima cosa non è inopportuno definirla “vergognosa mistificazione” perché è stata utilizza in incontri internazionali e istituzionali da chi – Mahmud Abbas – dovrebbe essere un partner moderato e serio per raggiungere un accordo di pace ma, tuttavia, egli non si fa scrupolo ad utilizzare la mistificazione più grossolana per perorare la propria causa.

Questi sono gli aspetti più salienti di questa truffa intellettuale e morale.

  • Cartina con data 1946. La data non è casuale: è la data di indipendenza della Giordania. Si vuol far credere che il Mandato di Palestina fosse solo la parte ad ovest del fiume Giordano, mentre tutto il resto del mandato, quello riservato agli arabi, cioè il 72% del territorio complessivo non ne avesse mai fatto parte. La denominazione sulla cartinaè infatti “Palestina” e non “Mandato di Palestina”. Questa omissione è voluta per indurre l’osservatore a credere che esistesse uno “Stato di Palestina” ovviamente arabo visto che la suddivisione territoriale è in “territorio ebraico” e “territorio palestinese”. Però i palestinesi come gruppo nazionale all’epoca non esistevano e le terre in questione in base ai dettami del Mandato di Palestina dovevano diventare parte dello Stato ebraico.
  • Cartina con data 1947. Questa suddivisione della parte ebraica del Mandato di Palestina, è quella proposta dall’ONU con la Risoluzione 181. Questa risoluzione fu rifiutata dagli arabi locali e da tutti i paesi arabi allora indipendenti. Fu l’unico caso al mondo di una guerra mossa per contrastare una risoluzione dell’ONU. Gli ebrei invece l’accettarono. Scoppiò la guerra e la proposta rimase lettera morta.
  • Cartina con data 1967. Questa cartina mostra la situazione provvisoria del territorio uscito dalla guerra di aggressione araba mossa allo Stato di Israele. Quelli rappresentati sono le linee di armistizio del 1949 e non dei confini internazionali come si vuol far credere. I territori in verde definiti “palestinesi” in realtà erano dei territori occupati illegalmente da Giordania ed Egitto e rivendicati da Israele come legittimo successore del Mandato di Palestina.
  • Cartina con data 2000. Questa cartina rappresenta nelle sue aree verdi le aree sotto controllo amministrativo dell’Autorità Nazionale Palestinese, cioè le aree a maggioranza di popolazione palestinese che in base agli Accordi di Oslo del 1993-1995 sono amministrati da tale autorità in attesa di un accordo definitivo tra le parti, sullo status dei territori denominati area A,B e C oltre che la Striscia di Gaza. Di quest’ultima Israele ha rinunciato ad ogni rivendicazione territoriale nel 2005.  Questi sono gli aspetti più salienti di questa truffa intellettuale e morale.

Come si può ben vedere, l’insieme delle cartine è studiato – nella sua falsità storica – per dare l’impressione all’osservatore che di fatto Israele si sia sostituito un po’ alla volta al mai esistito “Stato di Palestina”. Il tutto è creato dall’equivoco voluto della sostituzione del termine “Mandato di Palestina” con il termine “Palestina” che a prima vista può sembrare una cosa marginale, ma in realtà ha un peso sostanziale  in quantp ribalta completamente la storia alterandone il significato.

Il Mandato di Palestina da istituzione creata dal diritto internazionale per edificare lo Stato del popolo ebraico diventa “Palestina” con l’intento di far credere che vi fosse uno Stato arabo-palestinese che il popolo ebraico ha eroso nel corso di qualche decennio. Basta comprendere bene questo passaggio e tutto il castello di menzogne crolla in un colpo solo.

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