Israele e Medio Oriente

Il bastione del mondo libero. Intervista a Naftali Bennett

Naftali Bennett ha un po’ di raffreddore quando si siede per un’intervista con The Times of Israel nell’ufficio della Knesset, di lunedì. Potrebbe esserselo preso il giorno prima quando guidava una corsa di solidarietà nel centro di Tel Aviv-allo scopo di dimostrare che le strade sono sicure, anche quando il killer di Dizengoff è ancora in circolazione.
La replica atletica del Ministro dell’Educazione all’attacco di Dizengoff, il quale è stato presumibilmente perpetrato da un arabo-israeliano, Nashat Milhem, ha fatto da contrasto con quello del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, giunto sulla scena del crimine sabato sera denunciando con amarezza l’assenza di legalità, l’infedeltà e l’incitamento contro Israele dall’interno della società arabo-israeliana. Durante l’intervista Bennet si è mostrato sorprendentemente ottimista riguardo agli arabi-israeliani. “La società arabo-israeliana sta attraversando una fase molto positiva”, ha detto, definendo l’attacco di venerdì, “Un’anomalia” ed enfatizzando che “la maggioranza degli arabi-israeliani vogliono fare parte della società israeliana”.
Durante una conversazione che ha riguardato il terrorismo palestinese ma è cominciata con il terrorismo ebraico, Bennett è stato anche spiccatamente critico nei confronti della frangia di estremisti ebrei dalle file dei quali sembra sia venuto il presunto omicida di Duma.

Ha ammonito riguardo al pericolo posto da una frangia di “anarchici” ebrei con un’ideologia radicale il cui scopo è quello di distruggere lo Stato israeliano e “farci crollare il mondo addosso. E’ l’antitesi dell’ideologia religiosa sionista per la quale lo Stato è qualcosa di quasi sacro”.

Il leader del partito della Casa Ebraica il cui collega di ministero, Uri Ariel, è andato al Monte del Tempio prima dell’ultimo Rosh Hashanah ed è stato filmato mentre diceva una breve preghiera, ha respinto con fermezza qualsiasi discorso sul cambiamento dello status quo sul Monte, anche se ha detto che gli ebrei sono discriminati per non avere la possibilità di pregarvi. “In un mondo perfetto ci sarebbe la libertà di religione e la libertà per tutte le religioni di potersi esprimere liberamente ovunque”, ha detto, “In questo momento dobbiamo mantenere lo status quo. Dobbiamo usare il buonsenso”.
Ha anche aggiunto che Israele deve mantenere permanentemente il controllo sulla West Bank. “Chiunque suggerisca che Israele possa in qualche modo difendersi senza conservare la Giudea e la Samaria è fuori di testa”.

L’intervista è stata fatta in inglese (che Bennett, figlio di immigrati americani, parla fluentemente).

The Times of Israel: Il caso di omicidio di Duma (relativo alla morte di tre membri della famiglia Dawabasha durante l’incendio della loro abitazione da parte di un presunto terrorista ebreo) è enormemente preoccupante. E guardando il filmato del “matrimonio dell’odio”, si vede che non si tratta solo di un gruppetto di persone con questa forma mentis. Quanto è preoccupato a) dalle uccisioni e b) il fenomeno più ampio di una frangia estremista?

Naftali Bennett: Sono preoccupato. Ma voglio dirlo, si tratta di una frangia. Il cerchio principale è nelle figure singole, le persone che vi ruotano intorno sono qualche decina, e direi che i simpatizzanti sono qualche centinaio, ma solo qualche centinaio. Più mi informo su di loro più mi rendo conto che si tratta di giovani problematici i quali, in altre circostanze, per esempio se vivessero nelle città si sarebbero probabilmente dedicati alla droga o a qualche cosa del genere. Sono stati catturati da questa ideologia radicale.
Dobbiamo agire in due direzioni. Ovviamente, nei confronti di chiunque sia coinvolto in questo omicidio. Sia direttamente che indirettamente ci deve essere una azione legale complessiva, cosa che sta avvenendo. Come sa, ho dato il mio appoggio ai servizi di sicurezza affinché potessero godere di una speciale autorità durante gli interrogatori. Dobbiamo anche agire sull’aspetto dell’educazione in modo da raggiungere i ragazzi che si trovano nei cerchi più ampi. E, lo ribadisco ancora, non si tratta di un numero rilevante, ma l’impatto delle loro azioni è notevole. Dobbiamo portarli fuori dalla presa di questa gente e reinserirli nella società.

Da dove viene questa ideologia? Mi piacerebbe credere che pochissimi siano capaci di uccidere, ma avendo visto la simpatia per la cosa, che fosse qualcosa da celebrare, vedendo dozzine di persone a quel matrimonio e sentendo da persone che sono state ad altri matrimoni che non erano poi così male, ma duranti i quali cantavano quella canzone e brandivano coltelli…
Apparentemente la canzone è una canzone dalla Bibbia. Si può prendere qualsiasi cosa e trasformarla in un obbrobrio. Per questo gruppo di frangia l’omicidio è solo un mezzo. Il loro obbiettivo è smantellare lo Stato. Sono alla ricerca delle questioni più scottanti, la questione arabo-ebraica. Usano la terminologia, piazzano le taniche di benzina e poi le fanno saltare. Quindi il loro scopo è quello di farci crollare il mondo addosso. E’ l’antitesi del sionismo religioso che vede lo Stato come qualcosa di quasi sacro. Questa gente vuole smantellare lo Stato perché pensa che non sia legittimo. Come ho detto, è una cosa rara, molto rara. Ci sono un paio di rabbini alla frangia estrema che sono stati coinvolti nelle fasi preliminari. Questa gente non ha dei rabbini. Non hanno dei capi. Nessun rabbino è abbastanza estremista per loro.

I rabbini hanno piantato i semi?
Prima di tutto, questo termine, “i rabbini”, implica molte persone, ma solo uno o due sono stati coinvolti nelle fasi preliminari di questo processo di radicalizzazione.

Le autorità non dovrebbero occuparsene?
Anche noi credo che dovremmo occuparcene. Non sono stati coinvolti in nessun omicidio quindi si tratta di una situazione complicata. Da quello che sappiamo al momento, non influenzano più nessuno. Questi ragazzi sono come dei satelliti che hanno lasciato l’orbita…

Lei dice che in qualsiasi altra società sarebbero stati dei consumatori di droghe?
Sono ragazzi problematici.

Mi chiedo se c’è qualcosa di molto particolare nel fatto che per generazioni abbiamo dovuto occuparci della vita degli altri e a volte abbiamo dovuto trattarli in modi che non avremmo voluto a causa della minaccia che rappresentano. Non crede che questo sia un fattore destabilizzante?
Ciò non ha niente a che vedere con queste persone, questi terroristi. Sono anarchici, essenzialmente. Agiscono come gli anarchici. Creano eventi che possono determinare devastazione e problemi per tutti, con un obbiettivo che non ha nulla a che fare con l’ebraismo e consiste nel rifiuto di accettare lo Stato ebraico così com’è.

Ma ci troviamo in un clima in cui un membro del suo partito non riesce a dire che il terrorismo contro i palestinesi è lo stesso terrorismo contro gli ebrei. Questo è il motivo per cui faccio la domanda: se la nostra continua presenza nel gestire la vita dei palestinesi ha influito sulla nostra opinione nei loro confronti e quindi ha fatto sì che privarli della vita sia meno oltraggioso di quanto dovrebbe essere.
Quello che Bezalel Smotrich ha detto è del tutto sbagliato. Si tratta di terrorismo. Ma sarei anche molto cauto. Ci sono migliaia di attacchi terroristici palestinesi contro gli israeliani e meno di una manciata di attacchi terroristici ebraici contro gli arabi. Mentre dobbiamo cercare di fare di tutto per sradicare i crimini commessi dagli ebrei, non dobbiamo perdere la visione panoramica. Ci troviamo dentro un’onda di terrorismo molto violenta e le strade di Tel Aviv e di Gerusalemme, ovunque, sono di nuovo diventate pericolose. Dunque non vorrei mettere Israele o in qualche modo i 500,000 israeliani che vivono in Giudea e Samaria nella posizione dei colpevoli. Al contrario. Sono comunità di vita e di ottimismo e di buona operatività. E hanno il mio sostegno. Questo è un problema. Si tratta di un gruppo di estremisti. Dobbiamo prendercene cura. Non rappresentano la società israeliana. E sa qual’è la cosa principale? Mentre questi sono eventi molto, molto rari, il risultato è la condanna generale da parte di tutti. Anche Smotrich, ovviamente, li condanna. Ha un problema con la terminologia. Crede che si tratti di un crimine come un altro mentre io penso si tratti di terrorismo. Da parte palestinese, quando avvengono centinaia di questi episodi, non solo non li condannano-parlo dei membri dell’Autorità Palestinese, ma li celebrano. Quella è una società che è stata corrotta.

Non sto facendo nessuna equiparazione. Come ebreo sono orripilato nel vedere degli ebrei fare delle cose terribili che ho visto fare dall’altra parte.
Sì, ma non si misura una società da come si comporta una sua frangia. Sì misura una società da come reagisce la maggioranza quando avvengono avvenimenti fuori dall’ordinario. E’ questo è un evento fuori dall’ordinario. Non ne abbiamo visti dozzine. Ne abbiamo visti due. Giusto? L’omicidio di Muhammad Abu Khdeir l’adolescente bruciato vivo l’anno scorso è questo. Ciò che conta è che la maggioranza, praticamente tutti in Israele, hanno condannato in modo veemente questi episodi. Dall’altra parte gli omicidi continuano e c’è pressione perché aumentino. Questo è il motivo per il quale la sottolineatura è giusta ma non dovremmo perdere di vista lo scenario più grande.

Andrei oltre. Direi che la sfida per la società non è solo ciò che dice a proposito della sua frangia, ma ciò che fa.
Sì.

E apparentemente abbiamo preso i colpevoli.
E’ stato molto duro. Questi individui non parlavano. E’ la ragione per la quale ho dato il mio appoggio alle misure straordinarie che sono state adottate per arrivare fino in fondo a questa questione.

Ritiene che le prove raccolte siano sufficienti?
Non lo so. La mia conoscenza delle prove non è così approfondita, ma confido che i nostri tribunali sapranno fare giustizia.

Ritiene che ciò che è accaduto avrebbe potuto essere impedito se alcune delle misure straordinarie che sono state adottate dopo Duma fossero state prese prima?
Difficile da dire. Non lo so. E’ duro usare queste misure straordinarie quando non ha avuto luogo un evento straordinario, quindi non sono certo che lo avrebbero potuto impedire. Guardo a ciò che possiamo fare sul lato dell’educazione, che è andare incontro a questi ragazzi confusi e indotti in errore e tirarli fuori dalle grinfie di questa ideologia estremista.

Ed è qualcosa che lei sta facendo?
Sì. Lo sto già facendo. Non sto aspettando. Abbiamo diversi programmi portati avanti da persone che vanno sulle colline per riportarli a scuola. Sono ragazzini.

Li ha incontrati?
Non personalmente. E’ molto difficile perché questi ragazzi sono disconnessi dalla società. Sono all’estremo massimo dello spettro educativo. La prima fase consiste nel passare alcune settimane con loro per costruire un rapporto di fiducia in modo che possano fidarsi e si possa poi riportarli a scuola. Interveniamo anche su una maggiore prevenzione in alcune delle scuole che sono più propense a generare questo tipo di ragazzi, verificare chi si trova alle frange e essere sicuri che tutto proceda nel modo migliore.

E dopo l’età scolastica cosa possiamo fare?
Sono pochissimi. Stiamo parlando di ragazzi tra i 13 a 24 anni. Questa è la fascia d’età. Stiamo occupandoci dell’intero gruppo. Non la limito ai 18 anni, anche se sono il Ministro dell’Educazione responsabile per questa fascia di età. Ce ne stiamo occupando.

Occupiamoci dell’altra parte e degli omicidi di venerdì. Ci sono cose che vorrebbe fossero fatte dal governo?
Ciò che ho da dire lo dico nel Gabinetto di Sicurezza. Tutte i miei consigli sono presentati in quella sede in modo deciso. Alcuni sono accolti, altri no. C’è stato un cambiamento di rotta nel modo israeliano di affrontare la deterrenza e la punizione. Il problema da affrontare è il seguente. Stiamo parlando di una nuova specie di terrorismo. Terrorismo che agisce sulla base dell’incitamento. Pensi a un’onda magnetica generata dallo Stato Islamico, Hamas e l’Autorità Palestinese e anche, sfortunatamente da alcuni membri arabo-israeliani della Knesset. Alcuni sono stati anche degli incitatori. E poi abbiamo degli individui che agiscono. In larga misura non sono mandati o organizzati né da Hamas né dall’Autorità Palestinese. Hamas e l’Autorità Palestinese incitano. Questa è una novità. E’ un nuovo fenomeno. E’ cominciato a Gerusalemme intorno al Monte del Tempio, la grande menzogna. La menzogna diffusa che Israele sia in procinto di distruggere la Moschea, si è poi trasformata in un tipo di terrorismo virale. La seconda menzogna era che Israele stava uccidendo dei ragazzini senza ragione. Ora ci troviamo nella terza fase. Quella che ha la sua base nell’incitamento. Vedi qualcuno che ha commesso un omicidio e vedi quanto rispetto ottengono. Vedi il modo in cui loro e le loro famiglie vengono onorati socialmente e dici, voglio farne parte.

Mentre lo sta dicendo non lo trova impossibile da comprendere?
E’ difficile da comprendere. Per altro, vediamo che non esiste alcuna correlazione tra il livello socio-economico e ciò che accade. In molti casi si tratta di persone con una buona posizione sociale. Per esempio, la settimana scorsa a Tel Aviv non si trattava di un individuo proveniente da una famiglia disagiata

Quello è un caso molto atipico tuttavia.
Sì, lo è. Ma in molti casi è un’epidemia sociale. Abbiamo visto questo genere di cose accadere in giro per il mondo. I numeri sono inferiori, ma in ogni caso è il continuo stillicidio di attentati terroristici.

Tornando al 1967, Israele fece un errore nel non reclamare una completa sovranità sul Monte del Tempio? Rese molto facile ad Arafat asserire che non c’era nessun tempio perché gli ebrei avevano liberato il Monte. Se fosse stato così importante per loro non lo avrebbero fatto…
Non retrocedo nella storia per giudicare i miei predecessori. Il Monte del Tempio è la località precisa del tempio. E’ un fatto.. Per gli ebrei è il posto più santo al mondo. E’ il terzo posto più santo per i musulmani. E dobbiamo rispettare i diritti degli altri, la loro libertà religiosa. Oggi, in un senso, gli ebrei sono discriminati sul Monte del Tempio. Non sto suggerendo di modificare lo status quo oggi. Credo che nel lungo periodo Israele si trovi nella posizione migliore per mantenere la libertà religiosa per tutti. Siamo gli unici ad averlo fatto. Quando i giordani e prima di loro gli ottomani controllavano questi luoghi, agli ebrei non era concesso di esercitare la loro religione. Oggi a Gerusalemme e a Hebron tutte le religioni possono esprimersi. Malgrado abbiamo avuto settimane e mesi molto tumultuosi, per le tre religioni a Gerusalemme non è mai stato così positivo come oggi.

Con l’eccezione che gli ebrei non possono pregare sul Monte del Tempio. In un mondo perfetto lo potremmo fare? Se ci fosse pace in Terrasanta?
In un mondo perfetto ci sarebbe libertà di religione e libertà per ogni religione di potersi esprimere ovunque.

Ma al momento è troppo incendiario?
Per ora dobbiamo mantenere lo status quo. Dobbiamo esercitare il buonsenso.

Il Primo Ministro è andato sul luogo dell’attacco di venerdì è ha denunciato alcuni aspetti della comunità arabo-israeliana. E’ stato molto critico, invece di sottolineare allo stesso tempo alcuni degli aspetti positivi insieme a quelli estremisti. Si trova a suo agio con questa posizione?
La tendenza della società arabo-israeliana è molto positiva. Lo scenario complessivo è buono. Le dinamiche sono buone. Quando guardo a tutti gli indici devo considerare questo attacco terroristico come un’anomalia. Non sto dicendo che non potrebbero essercene degli altri. Lo ribadisco, si tratta di una frangia. La maggioranza degli arabi-israeliani vogliono fare parte della società israeliana. Lo si vede dall’economia. Lo si vede dal tipo di occupazioni che cercano. Lo si vede dal fatto che le donne si aggiungono alla forza lavoro. Lo si vede dall’educazione. C’è un desiderio molto profondo da parte loro di essere integrati nella società israeliana, anche di fare parte del servizio nazionale e civile. Come Ministro dell’Economia mi sono attivato molto per integrarli nella forza-lavoro, specialmente le donne che costituiscono solo il 25% della quota partecipativa. Ora sono arrivate al 32% e desidero che arrivino al 80%. Nei due anni in cui sono stato Ministro dell’Economia ho aperto almeno una dozzina di centri per l’impiego per le donne arabe in Israele. Come Ministro dell’Educazione so facendo alcune cose. Per la prima volta nella storia di Israele ho dato il via a un programma di ebraico per gli arabi a partire dall’asilo, non dal terza media. Fino a quest’anno si cominciava a studiare ebraico solo a partire dalla terza media, ora si comincia dall’asilo. Sto costruendo il primo college arabo in una cittadina araba. E’ una scommessa. Vedremo chi vincerà. Sono molto ottimista riguardo alle tendenze. Storicamente Israele ha fatto due errori. Non è stato sufficientemente empatico nel integrare gli arabi-israeliani nel tessuto economico e non è stato risoluto abbastanza contro il piccolo gruppo di coloro i quali vogliono minare lo Stato. Ci stanno praticamente implorando di venire e applicare la legge. “Vogliamo il “rule of law” nelle nostre cittadine, nelle nostre città. Non è giusto. Perché se costruisco una nuova impresa, devo pagare il “pizzo”? perché c’è questa criminalità?”. Ci stanno chiedendo più forze dell’ordine. Dobbiamo avere una stazione di polizia in ogni cittadina e applicare la legge. Non si può costruire una società senza legge.

Recentemente Netanyahu ha affermato che saremmo sempre costretti a vivere con la spada. Non voglio vivere sempre con la spada. Fino a quando sarà necessario, così sia. Ma mi piacerebbe che le cose cambiassero se fosse possibile.
Sono l’ultima persona che vorrebbe vivere con la spada. Lo dico come uno che ha partecipato in tutti i conflitti come soldato, come comandante di plotone, come comandante di compagnia. Ho servito durante la Prima Intifada, nella Seconda Intifada, nel Libano del sud negli anni 90, nell’operazione Scudo Difensivo nella West Bank nel 2002 e nella Seconda Guerra del Libano. Non c’è niente di peggio che combattere in battaglia e perdere il tuo migliore amico, cosa che mi è accaduta durante la Seconda Guerra del Libano. Nessuno desidera la guerra. Ma guardi alla realtà del Medioriente e ciò non ha niente a che vedere con Israele. Guardi ai nostri confini. Abbiamo Hezbollah sul confine libanese. Abbiamo Jabhat al-Nusra sul confine siriano. Abbiamo lo Stato Islamico sul Sinai. Abbiamo Hamas a Gaza. Nessuno di questi attori è minimamente interessato a un negoziato di pace, a una specifica porzione di terra. Hanno una visione globale, una visione molto chiara che può essere riassunta in due parole. Uno Stato islamico. Un califfato islamico. Continueranno fino a quando potranno. Quindi la realtà è che dobbiamo vivere con la spada. Preferisco vivere con la spada che non vivere. La realtà tuttavia è che se siamo forti in modo schiacciante, se siamo potenti in modo schiacciante nella nella nostra economia, nei nostri valori, nella nostra volontà di usare il potere, il potere di difenderci, vedremo sempre meno perdite di vite. Se tentenniamo dovremo confrontarci con battaglie e conflitti senza precedenti…Sono molto ottimista su Israele, nonostante le minacce ai nostri confini. Abbiamo sempre avuto confini difficili. Quando guardo alle grandi tendenze in Israele, abbiamo parlato della società araba, possiamo parlare degli haredim che stanno gradualmente partecipando alla nostra società. Non così velocemente come vorrei, ma stanno partecipando. Guardi l’high-tech. Quest’anno, in Israele, gli investimenti negli start ups equivalgono a quelli di quasi tutta l’Europa messa insieme. E’ incredibile. Lo stiamo facendo nell’ambito della tecnologia acquatica, di quella medica, nella cyber-security.

Non vede una fuga di cervelli? Se la nuova normalità è un terrorismo a basso livello, ci si domanda quale sia il suo impatto. La gente non se ne è andata durante la Seconda Intifada.
Incredibile, vero.

Ma adesso sembra incessantemente cupo.
Assolutamente no. Non vedo nessuna indicazione in questo senso, nessun inizio. Al contrario. Gli israeliani amano lagnarsi, siamo molto bravi nel farlo, ma quando arriva il momento critico gli israeliani restano in Israele. Diventano volontari nel difendere il nostro paese. E, cosa assai importante, continuano a vivere delle vite normali. Anche durante la Seconda Intifada, che era cento volte più difficile rispetto a ciò che stiamo attraversando ora. E’ spiacevole, ma credo che gli israeliani abbiano messo su una scorza spessa nel affrontare il terrorismo e nel vivere una situazione imperfetta.

Non abbiamo gli attentati suicidi a causa di Defensive Shield, perché l’IDF è tornata nelle città della West Bank?
Infatti.. Non abbiamo gli attentati suicidi non perché non desiderino realizzarli, ma perché non glielo permettiamo. Perché prendiamo il terrorista nel suo letto alle 3 del mattino invece di incontrarlo a Tel Aviv alle 3 del pomeriggio. Non dico che sia impossibile vedere alcuni eventi singoli, ma in larga misura, a causa del fatto che Israele è nella West Bank, ovvero in Giudea e Samaria, abbiamo una completa libertà operativa e di intelligence. Sappiamo cosa sta accadendo e così possiamo agire. Poiché sappiamo cosa accade possiamo agire rapidamente con un approccio chirurgico che ci consente di arrivare ai terroristi. In larga misura non influiamo sulla vita quotidiana degli arabi di Ramallah o Nablus o Hebron. Non ci aggiriamo da quelle parti. Loro vivono le loro vite e noi le nostre. Eccetto quando siamo al corrente di specifiche informazioni su attività terroristiche, allora andiamo e le ostacoliamo. La nostra presenza in Giudea e Samaria è lo scudo protettivo di Tel Aviv.

E in un futuro prevedibile non ce ne andremo?
Assolutamente no.

Gli americani vogliono credere altrimenti.
Guardiamo tutti il mondo attraverso preconcetti. Anche io. E’ una delle cose più difficili da fare mettere in discussione le assunzioni base della propria ideologia. Ma la realtà è che chiunque suggerisca che Israele si possa difendere in qualche modo senza mantenere sempre la Giudea e la Samaria, è fuori di testa.

E non soltanto militarmente?
Anche con la popolazione civile. Le dirò perché. C’è un mito secondo il quale si può mantenere l’esercito su un pezzo di terra quando non ci sono civili. E’ un mito perché in un lasso di tempo molto breve le pressioni per ritirarsi diventano molto grandi visto che non stai difendendo nessuno. La realtà è che le comunità che vivono in Giudea e Samaria sono l’ancora di salvezza. Vi mantengono accesa la luce della vita. E se se ne vanno, alla fine, entro qualche mese o un paio di anni anche i soldati se ne andrebbero.

Israele non avrebbe dovuto lasciare Gaza?
Non avremmo dovuto lasciare Gaza. No. Ma siamo fuori e non sto suggerendo di tornarci. Riguardo a quello che abbiamo fatto, si vedono i risultati. I risultati sono che ci prendiamo decine di migliaia di razzi su Tel Aviv. Quello che tutti dicevano che sarebbe successo è successo. Non era facile all’epoca ma e molto molto peggio quando si ha un posto dal quale lanciano razzi senza fine. Allora c’era questo detto, “Andiamocene ma se lanciano solo un razzo entriamo e gliela facciamo vedere nera”. Non funziona nella realtà. Quando gliela fai vedere nera, tutto il mondo ti condanna: “Perché attaccate questa povera gente”? Non ottieni nessuna simpatia ritirandoti. Infatti i peggiori colpi inferti alla nostra posizione a livello internazionale sono venuti da Gaza. Mi riferisco al rapporto Goldstone. Mi riferisco alla Mavi Marmara. Anche all’operazione Protective Edge. I peggiori colpi non sono venuti dalla Giudea e dalla Samaria. Non ci sono stati grandi eventi in Giudea e Samaria che abbaino causato rabbia nel resto del mondo.

Durante Defensive Shield, ci fu la falsa accusa che l’IDF aveva massacrato la popolazione.
Esatto.

Anche oggi, con un centinaio e più di morti palestinesi, l’ultima ondata terroristica in Israele, Israele è malmenato su questa questione, anche se la maggioranza di coloro che sono stati uccisi stavano cercando di uccidere noi.
Guardi, il vecchio e nuovo sport è quello di usare gli stessi strumenti usati contro i singoli ebrei contro lo Stato ebraico. Metta qualsiasi altro paese nelle nostre scarpe, qui, probabilmente nella località più tosta del mondo, con una grande democrazia, con il modo in cui trattiamo le minoranze, il modo in cui ci comportiamo, la vitalità di questo parlamento, la Knesset. Sono così orgoglioso di essere israeliano…metta qualsiasi altro paese nella nostra situazione, nessuno agirebbe moralmente come noi. E’ molto facile sedere a migliaia di miglia di distanza lontano da qui e giudicarci. Ma stiamo combattendo la battaglia del mondo libero. In modo pressoché letterale. Le alture del Golan sono il luogo dove l’islam radicale incontra il mondo libero. Fisicamente. Ed è dura. E se non ci fossimo noi qui, lo vedreste fluire verso l’occidente. Questo è il modo in cui la situazione dovrebbe essere presentata. Siamo il bastione principale del mondo libero. Siamo trattati ingiustamente. Niente di nuovo. E’ una cosa vecchia migliaia di anni.

Israele può sopravvivere con un sostegno internazionale declinante?
Non credo a un sostegno internazionale declinante. Riguarda determinati circoli, certi circoli diplomatici, circoli europei in modo particolare. C’è sempre antagonismo contro Israele. Ma si confronti con l’opinione pubblica maggioritaria negli Stati Uniti, con la Cina, con l’India, con l’Europa dell’Est, e vedrà il livello di rispetto e persino di ammirazione nei confronti dell’innovazione israeliana, l’imprenditoria israeliana, i valori israeliani. Per esempio, in Cina stimano i valori israeliani, i valori ebraici. Non vedo questo sostegno declinante. Il mondo era contro di noi 80 anni fa e abbiamo sperimentato il boicottaggio dalla fondazione dello Stato. Mi ricordo che da bambino non c’erano né Pepsi né McDonalds in Israele.

Dunque, qual è il problema per l’Europa?
Nella Comunità Europea, specialmente nella Commissione Europea c’è un’ossessione contro Israele. Non c’è alcuna altro modo di dirlo.

Visto che è abbastanza evidente che Israele è in prima linea nella sua battaglia per il mondo libero e ci sono persone che si dilettano nell’uccidere, perché non lo vedono?
E’ una domanda che bisognerebbe fare a loro. Non sono mai stato realmente capace di identificarne l’origine. Potrebbero essere i sentimenti di colpa che provengono dalla loro storia con gli ebrei, la fonte del doppio standard, della demonizzazione. E’ incredibile. Dategli un giorno. Date a uno di questi paesi un giorno solo per governare questo paese, o un anno, o dieci anni, sotto le minacce che affrontiamo riuscendo a mantenere la democrazia nel modo in cui riusciamo a farlo noi. Vorrei vederli.

I palestinesi non saranno mai d’accordo nel avere la pace con uno Stato ebraico?
Sappiamo che Olmert offrì di dargli il Muro del Pianto. Una cosa oltraggiosa. Il Monte del Tempio. Offrì di dividere Gerusalemme e il paese e retrocedere alle linee armistiziali del 67. E dissero ancora di no. Ancora e ancora e ancora. Dissero di no a Ehud Barak. Dissero di no a Olmert. E’ abbastanza chiaro a tutti. Per quanto riguarda l’Autorità Palestinese, è difficile avere un riscontro con un’entità reale. E’ così corrotta. In tutte le elezioni la stragrande maggioranza dei palestinesi in Giudea e Samaria sostiene Hamas, il quale dichiara esplicitamente di volere distruggere Israele. Non vedo alcuna possibilità per un negoziato di pace.

E invece?
Invece dobbiamo trovare un modus vivendi. Quello che propongo è di ridurre l’entità del divario. Quello che propongo è che i palestinesi governino le aree A e B. Nell’area C, le zone sotto controllo israeliano (circa il 60% della West Bank) applichiamo la legge israeliana. Possiamo continuare a essere in disaccordo ma allo stesso tempo dovremmo continuare a realizzare dei lavori unilaterali infrastrutturali sulle zone industriali, sulle strade, sull’elettricità. La stessa cosa riguardo a Gaza. Se fossi io a decidere cercherei di ampliare tutte le loro infrastrutture. Non so se ridurrebbe il terrorismo, deve essere ancora dimostrato. Lo sa, Bin Laden era un multimilionario quindi non c’è una vera correlazione tra le condizioni socio-economiche e il terrorismo. Ma alla fine una economia migliore, una vita migliore. a) e buona in sé e per sé e b) riduce le tensioni. E potremmo avere un po’ di pensiero creativo se giungessimo a quella specie di tranquillità. Pace è una parola grossa. La connotazione della pace è un trattato che duri per l’eternità. Non abbiamo niente del genere, e non credo che nessuno nella regione, che sia palestinese o israeliano o giordano, pensa che sia realizzabile. Tutti ne parlano ma nessuno ci crede realmente. Nessuno. Quindi smettiamola con le commedie. Perché? Perché le commedie creano un alto grado di frustrazione, in quanto il divario tra la retorica e la realtà è così grande e da questo nasce la frustrazione. Se tutti dicessero, cerchiamo di essere ragionevoli, tu sai e io so, entrambi sappiamo, che non arriveremo mai a questo accordo di pace, penseremmo a delle alternative. E’ la via più lunga, ma quella più vera che alla fine porterebbe alla pace e alla tranquillità.

Un’ultima domanda. Come Ministro dell’Educazione, come prevenire la prossima ondata di terrorismo? Adesso gli hanno fatto il lavaggio del cervello.
Giusto. Uno degli errori di Israele e di non avere insistito per fermare l’incitamento. Ne parliamo sempre ma non insistiamo abbastanza. Dobbiamo mettere in campo misure molto più forti per fermare l’incitamento nelle moschee, nei mass media, nei social media e anche modificare il corso di studi ai ragazzi in cui viene loro insegnato che uccidere un ebreo è una cosa buona.

Israele lo può imporre?
Dobbiamo insistere. Abbiamo i mezzi. Ci sono cose di cui hanno bisogno da parte nostra. Ci sono cose che noi abbiamo bisogno da parte loro. Dobbiamo cominciare a esigerle seriamente. Non è ancora avvenuto.

The Times of Israel- Traduzione: Niram Ferretti

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