Storia di Israele e dell’Ebraismo

La Cappella Sistina di Michelangelo ed il Marchio degli Ebrei.

Come molti sanno, la Cappella Sistina, oggi nello stato della Città del Vaticano, venne (ri)edificata secondo le proporzioni del Tempio di Gerusalemme,tra il 1475 ed il 1481 su progetto dell’architetto fiorentino e rinascimentale Baccio Pontelli. Alcuni commentatori indicano per questo edificio un ruolo chiave nella concezione teologica Successionista secondo la quale una fede viene soppiantata da un’altra quando ha cessato la propria funzione civilizzatrice. Teoria interpretabile come una sorta di Darwinismo religioso, essa affermava che le filosofie Greco-Romane fossero state rimpiazzate dal Giudaismo, il quale a sua volta venne superato dal Cristianesimo, religione trionfante ai tempi di Papa Sisto IV, colui che per l’appunto intese nella Cappella Sistina glorificare la Chiesa Cattolica e, ça va sans dire, il proprio Papato e casato. Quando Michelangelo attese ai lavori di decorazione della volta della Sistina, sotto Papa Giulio II, volle celebrare la concordanza fra Antico e Nuovo Testamento, dove il primo prefigura il secondo, e la previsione della venuta di Cristo in ambito ebraico (con i profeti) e pagano (con le sibille). Intese pertanto introdurre numerosi riferimenti al mondo giudaico, che sono oggetto di importanti studi sui numerosissimi significati e livelli di lettura della sua grandiosa e complessa visione.

Ora, ci sarebbe molto da approfondire sugli affascinanti e sorprendenti riferimenti al mondo ebraico che Michelangelo, artista geniale e rigorosissimo, utilizza per l’arrangiamento del suo titanico affresco, ma noi magari ne parliamo in un’altra occasione, perché la faccenda, con le oltre 300 figure coinvolte, è comprensibilmente piuttosto lunga.

Oggi, nel giorno della memoria, vorremmo invece parlare solamente di un simbolo e di un uomo, raffigurato insieme alle altre figure degli Antenati di Cristo lungo le lunette e le vele della volta. Gli Antenati di Cristo rappresentano le quaranta generazioni anteriori a Gesù secondo l’elenco del Vangelo di Matteo e simboleggiano la speranza e l’attesa dell’Incarnazione e della Redenzione. Questo personaggio, lo vedete nella foto, è Amminadab, principe dei Leviti,conosciuto nel Talmud per essere– riassumendo – padre virtuoso e pio di figli altrettanto meritevoli, che avranno ruoli determinanti nella società ebraica delle tribù.

Amminadab viene raffigurato da Michelangelo in posizione rigorosamente frontale – una delle rarissime figure che egli dipinge in questo modo. La sua espressione sembra tradire una forte tensione interiore, con i lineamenti molto marcati sotto una chioma di capelli neri. Indossa orecchini con pendente e una mantellina di colore cangiante, dal rosso al verde pallido, e calzoni attillati e bianchi. La sua rappresentazione è risultata completamente leggibile ed interpretabile solo dopo il grande restauro del 1994, che ha riportato alla luce i colori quasi del tutto alterati ed in alcuni punti totalmente anneriti dal tempo e dalle candele. Grazie all’intervento di pulizia infatti ricompare sul braccio sinistro di Amminadab un luminoso anello giallo cucito sul suo abito iridescente. Si tratta della riproduzione del cerchio che, assieme ad uno scialle altrettanto giallo, gli Ebrei dovevamo indossare in pubblico già nel VII – IX secolo per ordine di un sovrano della Sicilia probabilmente di origine islamica. Come sappiamo infatti, nel mondo islamico, già allora era uso comune distinguere tra i credenti e le minoranze religiose attraverso norme sull’abbigliamento. In Egitto, ad esempio, i cristiani furono costretti per un lungo periodo a indossare un abbigliamento particolare (una veste scura con un turbante blu o nero). Nell’Europa medievale, durante il Quarto Concilio Lateranense del 1215 indetto da papa Innocenzo III, si stabilì altresì che gli Ebrei e i Saraceni (di religione musulmana) dovessero indossare un abbigliamento ben riconoscibile. Giallo, perché nella tradizione islamica il giallo è il colore dell’urina e delle prostitute. Questa tradizione venne ripresa dalla Chiesa medievale per fare poi la sua apparizione di nuovo con il Nazismo come stella di David, di cui oggi in particolare tv e giornali ricordano l’infamia.

Mentre paradossalmente numerosissime sono le critiche alla Chiesa nella Cappella Sistina celate dalle soluzioni artistiche ed iconografiche di Michelangelo,i suoi sentimenti positivi verso gli ebrei sono riscontrabili, secondo alcuni commentatori, in tutta la sua opera. Il marchio sulla veste di Amminadab viene rappresentato nella Cappella Sistina proprio sopra il trono su cui sedeva il Papa, vicario di Cristo, durante le celebrazioni. E’ il XVI Secolo e tutta l’Europa, geografica, da li a pochissimo avrebbe istituito i primi ghetti ebraici (il primo a Venezia, nel 1515). Per quale motivo, nel tempio maggiore della Cristianità, Michelangelo rappresenta il suo Amminadab, un Antenato di Cristo, con la veste marchiata di giallo, un uso dell’era medievale e moderna? Secondo molti interpreti, Michelangelo osa chiedere al suo Papa: “E’ dunque così che trattate la famiglia di nostro Signore?”.

Per alcuni un chiaro affronto alla sovranità e alla moralità del committente, i cui costumi vennero spesso contestati dall’artista. Ciò che ha protetto Michelangelo per questo e per altri messaggi segreti disseminati nella volta e nel Giudizio Universale fu il fatto che il piccolo anello giallo sulla veste di Amminadab si trovasse più di 20 metri di altezza dal clero, che aveva sopra la testa anche il baldacchino cerimoniale a coprirne la vista. Sebbene il suo messaggio sia rimasto nascosto per secoli, l’intenzione di Michelangelo non rimase invece inascoltata: nel 1962 Papa Giovanni Paolo XXIII, nel Concilio Vaticano II, tra gli altri storici risultati convenuti, mise fine per sempre all’opposizione della Chiesa verso il giudaismo. Abolita l’accusa di deicidio, da allora gli Ebrei sono diventati “i nostri fratelli maggiori”, in altre parole, proprio quella famiglia di Gesù che Michelangelo aveva immaginato quattro secoli prima. Si tratta, insieme ai molti altri, di uno straordinario messaggio di inclusione nella fede e nella società. Buffo pensare che anziché con il Papa Buono (Giovanni XXII), Michelangelo ebbe invece a che fare con il Papa Terribile (Giulio II) ed i suoi censori e dovette nascondere molti dei suoi messaggi nelle straordinarie soluzioni artistiche della Cappella Sistina, allora come oggi cuore indiscusso della cristianità.

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