Editoriali

L’Iran, nemico temibile, tra presente e futuro.

La minaccia principale oggi per Israele e per la stabilità mediorientale tutta è rappresentata dall’ Iran. Quando, Benjamin Netanyahu si recò nel 2015 negli Stati Uniti per parlare al Congresso nel tentativo di influenzare la decisione dei legislatori in vista dell’accordo sul nucleare iraniano fortemente voluto dall’Amministrazione Obama, non poté essere più esplicito al riguardo. Disse che per quanto importante fosse sconfiggere l’ISIS il pericolo maggiore era quello di un Iran dotato di bombe atomiche. “Il peggiore connubio possibile è quello tra il radicalismo islamico e gli ordigni nucleari“.

Al centro della preoccupazione di Netanyahu c’era, all’epoca, il JCPOA, l’accordo sul nucleare iraniano che in quei mesi l’Amministrazione Obama stava per concludere, come di fatto avvenne nel luglio del 2015 nonostante il massiccio interventismo diplomatico israeliano finalizzato a che esso non andasse in porto. Si è dovuto attendere l’uscita di scena di Barack Obama e l’ingresso alla Casa Bianca di Donald Trump perché la situazione mutasse radicalmente in favore di Israele. La decisione di Trump di terminare un accordo considerato disastroso, ha certamente permesso a Israele di tirare un sospiro di sollievo e di assestare al regime teocratico di Teheran un forte colpo, ma ha lasciato intatto il pericolo di un regime con una politica estera aggressiva e tenace.

Sul radicalismo sciita iraniano i dubbi sono pochi. Fondato su una visione millenaristica e rivoluzionaria in ossequio ai dettami dell’ayatollah Khomeini, l’Iran persegue da anni una politica estera espansionista di rifondazione imperiale (Libano, Siria, Iraq, Yemen) e virulentemente anti-israeliana. Non è un mistero per nessuno che per il regime di Teheran, lo stato ebraico sia un “tumore” da estirpare, una emanazione satanica seconda solo alla più grande, quella americana.

L’attuale guida suprema, l’ayatollah Khamenei non ha mai perso occasione di ribadirlo. Nel 2014 definiva Israele “un cane sporco e rabbioso” aggiungendo che gli israeliani non dovrebbero essere qualificati come esseri umani. La deumanizzazione del nemico, e nel caso specifico dell’ebreo, (qui nella fattispecie israeliana), era intrinseca alla politica del Terzo Reich e alla sua propaganda, di cui, dal 1979, l’Iran ha iniziato a usare diligentemente tutto l’armamentario antisemita.

E’ sempre Khamenei a sottolineare l’aspetto millenaristico della rivoluzione islamica del ’79, considerandolo “Il punto di svolta nella storia moderna del mondo”, latrice di un “messaggio di salvezza per l’umanità“. Questa salvezza implica inevitabilmente che vengano eliminati gli ostacoli principali che si frappongono al suo manifestarsi, Israele (il piccolo Satana mediorientale) e gli USA (il grande Satana mondiale). Eliminare gli USA è, chiaramente un obbiettivo molto al di là delle concrete possibilità iraniane, colpire Israele, è, più fattibile, anche se i rischi per il regime sarebbero estremamente alti.

Ciò nonostante, l’Iran gioca da tempo la sua partita in Siria, dove, l’obbiettivo dichiarato è quello di un radicamento territoriale tutto ai danni dello Stato ebraico, motivo per il quale il territorio siriano è stato continuamente bersaglio di incursioni aeree israeliane volte a depotenziare drasticamente le risorse iraniane presenti sul terreno.

L’Iran è oggi, di fatto, a quarant’anni dalla rivoluzione, un regime molto più debole nonostante il grande dispiegamento militare, la propaganda roboante, la spacconeria esibita. La sua riqualificazione sull’asse del male messa in atto dall’Amministrazione Trump, il ripristino delle sanzioni economiche americane, l’efficace politica di contenimento israeliana in Siria, il profondo malcontento della popolazione, la forte svalutazione del rial, la convergenza sunnita intorno agli USA e a Israele in chiave anti-sciita, sono tutti fattori oggettivamente logoranti, anche se, al momento, non ancora sufficienti a fare sì, che finalmente, il popolo iraniano possa liberarsi dalla dittatura che lo opprime.

La futura, si spera, caduta del regime, non potrà che modificare profondamente la geografia mediorientale, liberando grandi energie positive, ma perché questo possa avvenire è necessaria la persistente determinazione degli USA e la risolutezza di Israele a contrastare ogni tentativo iraniano di avvicinarsi troppo alle Alture del Golan. In questo senso, la partita è ancora lunga e tutta da giocare.

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