Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Shoah, non solo Polonia: le leggi di revisione della storia

Riceviamo e pubblichiamo da Alessandro Matta, presidente dell’Associazione Memoriale Sardo della Shoah 

Abbiamo assistito, nei giorni scorsi, all’acceso dibattito sulla nuova legge, fortunatamente congelata almeno per ora, che in Polonia reprime duramente anche col carcere qualunque richiamo all’antisemitismo polacco e al suo essere stato un forte collante al genocidio, consumatosi perlopiù proprio in Polonia.
Abbiamo protestato, ben a ragione, partecipato a sit-in, espresso il profondo sdegno contro una norma che rischiava di vanificare un lavoro di anni ed anni anche di riavvicinamento tra la Polonia e lo stato di Israele. Tuttavia, a quasi nessuno è venuto in mente di guardare più a fondo, oltre il semplice dato della Polonia, o di collegare come un “puzzle” una lunga serie di atteggiamenti da parte di vari stati europei, che sembrano collimare poi perfettamente con quanto fatto dalla Polonia solo in ultimo istante.
Facendo un lavoro di questo tipo, ci si rende conto che è paradossalmente in atto un pericoloso tentativo di mettere in campo, da parte di molti paesi, un negazionismo subdolo sulla storia della shoah. Operazione più sleale del negazionismo propriamente conosciuto come tale, che nega la realtà della shoah o la veridicità di documenti storici come il diario di Anne Frank, in quanto è retto su un gioco politico molto particolare: quello di de-europeizzare la storia della shoah e di trasformarla a tutti i costi in una storia che riguarda solo “gli ebrei e i tedeschi”, rendendo i soli “cattivi tedeschi” responsabili di quanto accaduto.
Questo gioco al negazionismo subdolo da parte di molti governi, quasi tutti populisti ed antisistema, fa purtroppo da collante perfetto ad una pesante propaganda antieuropeista e finisce spesso col fare la rima contro una politica “antimerkel” o se vogliamo “antigermania” condotta da molti di questi movimenti. Analizzare questo aspetto sembra complesso, a prima vista, e potrebbe apparire bizzarro o addirittura azzardato. Eppure, tale è il linguaggio usato da tutti questi movimenti estremisti, che sono spesso i medesimi che approvano leggi come quella della Polonia, solo l’ultima di una serie.



Occorre unire tutti i precedenti per comprendere che forse questa non è una lettura azzardata. La conferma arriva dall’Ungheria alla Polonia, passando per alcune dichiarazioni della Le Pen in Francia e da quanto fatto dal governo di destra serbo.
Iniziamo dall’Ungheria di Orban: addirittura nella nuova Costituzione promulgata sotto Orban è stato scritto che i delitti “fatti sotto il nazismo ed il comunismo sono imprescrittibili”. Anzitutto, si equipara nazismo e comunismo, come tanti vorrebbero in in un amalgama storico dove tutto è uguale a tutto. Prima dell’invasione nazista dell’Ungheria, nel marzo 1944, gli ebrei non vivevano in pace in Ungheria, essendo alle prese con le leggi razziali antisemite dell’ammiraglio Miklos Horthy, reggente d’Ungheria dal 1920. Frequenti poi le violenze delle Croci Frecciate, militanti di un partito sì nazista ma ungherese e non tedesco, senza dimenticare che l’Ungheria ha una grossa responsabilità anche per quanto riguarda le fucilazioni di ebrei stranieri da parte delle Einsatzgruppen a partire dal 1941.
Ergo, furbescamente mettere in Costituzione addirittura una imprescrittibilità dei crimini compiuti durante il “nazismo” fa si che tutto ciò valga solo per quanto accaduto dal Marzo 1944 in poi, non prima: un subdolo sotterramento delle responsabilità ungheresi, addirittura nella costituzione nazionale.
In Francia, pensiamo solo alle dichiarazioni di Marine Le Pen sui francesi che in fin dei conti non sarebbero da ritenersi responsabili delle retate e del rastrellamento del Vel d’Hiv, perché “costretti” dai tedeschi. Anche qui, non più una negazione della Shoah, ma un gioco allo “scaricabarile” delle responsabilità di una nazione resasi complice di genocidio, come detto invece da Macron al discorso al Vel d’Hiv nel 2017.


In Serbia, il gioco è quello di voler apparire vittime insieme agli ebrei per uno strano scherzo della storia: in Croazia, gli uomini di Ante Pavelic ed in particolare monsignor Stepinac hanno perseguitato costringendo a conversioni forzate al cattolicesimo migliaia di serbi di religione greco-ortodossa. Tuttavia, a Belgrado molte autorità locali hanno collaborato alla shoah. Ebbene, oggi, nel luogo dove sorgeva il centro di sterminio di Sajmiste, dove gli ebrei di Serbia sono stati massacrati, c’è un padiglione gestito dalla destra nazionalista all’interno del quale in alcuni pannelli sono raffigurati ebrei e serbi, entrambi vittime di un genocidio: per quanto avvenuto in Croazia con Pavelic e per quanto avvenuto in Serbia nel 1941, negando però le responsabilità della autorità serbe.
Dietro a tutti questi revisionismi, il medesimo disegno nazionalista. E la strumentalizzazione anti-tedesca in chiave antisistema.

Nella foto: il reggente ungherese Miklós Horthy insieme ad Adolf Hitler

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