Storia di Israele e dell’Ebraismo

Il Museo della Resistenza tedesca a Berlino, da centro di comando nazista a moderno memoriale

Il Museo della Resistenza tedesca, a Berlino, ha sede in un edificio dal passato assai significativo, perché connesso con gli eventi della dominazione nazista, ed ha per vocazione quella di rappresentare un memoriale agli oppositori di quel regime. Il museo tedesco va però oltre a questi concetti di base, intendendo proporsi come un moderno centro di documentazione storica e sociale.
Il Memoriale della Resistenza tedesca è situato negli appartamenti del famoso Bendler Block del Mitte District di Berlino. Il termine Bendler Block si riferisce ad uno storico complesso di edifici situati lungo il Tiergarten Park, dove era organizzato il quartiere diplomatico di Berlino. In particolare, là dove oggi si trovano i numeri 13-14 di Stauffenbergstraße, all’epoca Bendlerstraße, si trovava la sede dell’Alto comando dell’esercito tedesco. Il Bendler Block fu il luogo da cui Hitler pronunciò il suo noto discorso sul lebensraum – lo spazio vitale – dell’Europa dell’est, il 3 febbraio 1933. Il complesso di edifici è legato però soprattutto al fallito attentato ad Adolf Hitler organizzato il 20 luglio 1944 da un complotto tra ufficiali tedeschi, con a capo il generale Von Stauffenberg, compiuto nelle stanze del secondo piano. E’ nel cortile dell’edificio, inoltre, che gli stessi attentatori vennero giustiziati da un plotone d’esecuzione quella stessa notte, ed è perciò che questo luogo, così come allora lo stesso colpo di stato, rappresentano il primo vero tentativo di sovvertire l’ordine Nazionalsocialista.
Il 20 luglio 1952, per iniziativa dei familiari degli attentatori del 1944, venne deposta la prima pietra del futuro memoriale; nel 1953 venne collocata nel cortile la statua bronzea di un giovane uomo con i polsi legati, opera di Richard Scheibe. Nel 1967 il Senato della città di Berlino deliberò che fosse istituito un memoriale e un centro di documentazione dedicato al movimento resistenziale tedesco. L’esibizione permanente fu sviluppata dallo storico Friederich Zipfel e inaugurata il 20 luglio 1968. Attraverso successive modifiche, nel 1989 fu predisposta un’esposizione permanente che rendesse il panorama dell’attività di resistenza in Germania nella maniera più completa e documentata possibile.
Più di 5000 fotografie e documenti mostrano, nelle stanze degli appartamenti rinnovati, le motivazioni, le azioni e i risultati dell’attività di individui, gruppi e organizzazioni coinvolte nella resistenza al Nazionalsocialismo.
Si tratta di un sito di commemorazione, studi politici, apprendimento attivo, documentazione e ricerca. L’obiettivo è quello di chiarire le modalità con cui individui o gruppi agirono contro la dittatura nazista negli anni tra il 1933 e il 1945 e anche la libertà di azione loro disponibile. Si tratta inoltre della resistenza dei cattolici, di altre fallite azioni militari e cospirazioni da parte degli stessi centri del potere, così come della resistenza quotidiana di persone comuni. L’esposizione è organizzata in 26 argomenti: per citare i principali, troviamo la resistenza dei cattolici, la resistenza nel mondo dell’arte e della scienza, il problema dell’esilio, gli avvenimenti che hanno portato al 20 luglio 1944, il movimento della Rosa Bianca, le donne nella resistenza. A tali concetti il pubblico, attraverso pannelli esplicativi, fotografie e audiovisivi, può relazionarsi a diversi livelli di approfondimento. Un testo introduttivo avvicina il visitatore all’argomento di ogni tematica, resa immediatamente chiara da successive immagini che vogliono rendere un immediato panorama della problematica esaminata. Fotografie, testi, biografie, sono disponibili in raccoglitori per coloro che desiderassero informazioni più approfondite. La letteratura comprende documenti, guide, pubblicistica, posters, disponibili in lingua tedesca, inglese e francese. Tutto il materiale è disponibile e consultabile anche online. Il centro organizza regolarmente conferenze ed esposizioni temporanee, legate prevalentemente alle arti visive – mostre fotografiche, films – e agli approfondimenti documentari. Il risultato è una resa veramente ampia di tutta la casistica resistenziale.

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E’ superfluo notare come tutte le tematiche esposte, fatto salvo la peculiarità della legame con la Germania, sono assimilabili a quelle che riguardano anche il movimento resistenziale in Italia. Il Museo storico della Liberazione potrebbe facilmente trovare ispirazione in questo criterio espositivo per i rifacimenti che intende adottare nel prossimo allestimento.
Per quanto riguarda l’attività didattica, il Memoriale della Resistenza tedesca organizza visite guidate per gruppi che affrontano di volta in volta uno dei temi proposti, impostandolo non soltanto come un ragionato percorso attraverso gli ambienti del museo, ma anche come approfondimento di alcuni temi a seconda delle richieste. Le visite devono essere preventivamente prenotate, almeno due settimane prima, e al momento della registrazione deve essere concordato il tema di cui si intende trattare. Il servizio è gratuito, così come l’ingresso al centro, ed ogni domenica è possibile seguire, sempre gratuitamente, una proiezione di films alle ore 11:00 e una visita guidata alle ore15:00. Per i visitatori individuali sono disponibili audioguide nelle tre lingue, tedesco, inglese e francese. Il centro offre la possibilità di approfondire ulteriormente gli argomenti affrontati nell’esposizione permanente attraverso la realizzazione di seminari rivolti a gruppi di massimo 20 persone, curati da collaboratori, incentrati sullo studio delle biografie dei personaggi presentati nella visita. I seminari possono durare mezza giornata, un’intera giornata, o alcuni giorni. Generalmente essi si svolgono secondo un palinsesto, che può tuttavia venir modificato a seconda delle esigenze: si comincia con una spiegazione introduttiva – circa 30 minuti – dell’argomento da trattare, che potrà essere uno dei 26 indicati dal percorso museale stesso, così come uno concordato preventivamente con il gruppo. I partecipanti sono poi invitati a formare piccoli gruppi di lavoro, e a studiare le biografie di interesse – circa 45 minuti – avvalendosi dell’aiuto di fotografie e documenti dell’esibizione permanente, esaminando soprattutto il limitato campo d’azione dei gruppi resistenziali sotto il regime nazista. Dopo una breve pausa, di circa 15 minuti, ciascun gruppo presenta i propri risultati e li discute con gli altri partecipanti. Successivamente si approfondisce la trattazione con la visione di un filmato della durata di circa 30 minuti, che precede la discussione finale.

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Gli esempi del Museo della Villa della conferenza di Wannsee e il Memoriale della resistenza tedesca rappresentano entrambi un luogo dove il principale valore museale è dato dal luogo in cui sono istituiti, e cioè un sito della memoria, legato di per sé a fatti ed avvenimenti di capitale importanza per la storia contemporanea. Per il resto in tutti e due i casi sono assenti oggetti, opere, cimeli, da poter inserire in una esposizione. Tutto il materiale a disposizione del visitatore è costituito da documenti e immagini. E’ chiaro che laddove vi sia una carenza di materiale espositivo, situazione assai comune per i centri di documentazione, anche nel caso nascano come musei, deve esservi un certo bilanciamento, al fine di rendere culturalmente e socialmente utile un istituto, attraverso un concreto impegno indirizzato alla formazione, documentazione, didattica. Si ritiene allora che la singola visita guidata offerta al gruppo scolastico dai volontari del Museo storico della Liberazione non rappresenti che un minimo approccio a tale realtà. E non si dimentichi che la visita è fallace, come si è detto, sia dal punto di vista dell’accuratezza, sia da quello dell’approfondimento. Inoltre il coinvolgimento della classe termina all’uscita dall’istituto. Sarebbe opportuno che chi cura la sezione didattica esigesse poi almeno un approfondimento e un feedback a seguito della visita. A questo proposito si è proposto di ripensare il percorso, all’interno del museo di Via Tasso, affiancandolo ad un quaderno di attività, comprendente una prima sezione da sviluppare durante la visita al museo, e una seconda a scuola o a casa. Ai visitatori delle scuole verrebbe distribuita una serie di schede riguardanti le varie sezioni del museo: per ognuna, alcune domande mirate contribuirebbero a focalizzare l’attenzione sugli aspetti più importanti dei temi trattati e sugli oggetti esposti. Il visitatore dovrebbe pertanto analizzare criticamente la propria visita, e rielaborarne ed interpretarne i contenuti anche a distanza.
Anche questa soluzione appare come un modesto palliativo di carattere affatto “artigianle”, impatto che il museo dovrebbe a tutti i costi evitare, per non radicarsi nella stagnazione e nella assenza di competitività in cui versa attualmente. Si consideri che, a differenza dei casi citati come esempio europeo di centro di documentazione, Via Tasso possiede in aggiunta un ampio repertorio di materiale espositivo che lo arricchisce di fronte agli altri casi presi in esame, ma che di fatto è, in primo luogo, scarsamente valorizzato in rapporto all’allestimento, come si è detto, ed inoltre penalizzato da una debole comunicatività, dovuta, per elencare solo i motivi più salienti, all’assenza di pannelli introduttivi, di didascalie, di traduzioni in lingua diversa dall’italiano. Non è sufficiente giustificare il perdurare immutato dell’allestimento con la sacralità del luogo. Il problema di aggiornare siti storici secondo le nuove esigenze e le normative previste dagli standard museali pone inevitabili complicazioni, che devono necessariamente tener conto delle peculiarità degli immobili, in riferimento alla loro materialità così come al loro talvolta preziosissimo passato, storico o museologico che sia. Tuttavia si tratta del conflitto che è al fondo di ogni architettura oscillante tra finalità e libertà. Questo dissidio si è di continuo riproposto e acuito negli edifici museali, e per questa ragione i musei hanno contribuito a improntare la storia più recente dell’architettura. Questa evoluzione ha peraltro il suo punto culminante nel fatto che gli edifici più prettamente adibiti a musei non erano musei. Non erano stati pensati per adempiere alla loro funzione, bensì per utilizzare il fine museale come mezzo di affrancamento da ogni fine. E’ il caso di Via Tasso , ovviamente.

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