Diritto e geopolitica

Israele e “i territori” dal punto di vista del diritto internazionale

Quale è il diritto di Israele relativamente ai così detti “territori”? In ciò che seguirà si procederà ad analizzare alcuni aspetti di questa vexata quaestio.

La denominazione  “territori” è diventata espressione comune, soprattutto in ambito politico e diplomatico, a partire dalla fine degli anni Settanta dopo gli accordi di Camp David e il trattato di pace con l’Egitto del 1978. Da quel momento in avanti, Israele iniziò il ritiro dalla penisola del Sinai, uno dei territori conquistati a seguito della vittoria nella Guerra dei Sei giorni del 1967.

Alla fine della Guerra dei Sei giorni Israele conquistò i territori della Giudea e Samaria (West Bank o Cisgiordania) che all’epoca si trovavano sotto occupazione illegale da parte della Giordania. Su questo punto e su quello relativo all’occupazione altrettanto illegale da parte dell’Egitto della “Striscia di Gaza” mi soffermerò in seguito.

La Guerra del ’67, per Israele fu una guerra difensiva – come sancito dalla Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU –un fatto di estrema importanza per il diritto internazionale, visto che esso non ammette (art. 2 dello Statuto ONU) la guerra come mezzo di conquista territoriale ma esclusivamente come mezzo di difesa del proprio territorio (art. 51 dello Statuto ONU). Ciò è di capitale importanza per definire la legalità della presenza di Israele sulle Alture del Golan.

I territori conquistati da Israele nel 1967 (West Bank, Striscia di Gaza, Alture del Golan e penisola del Sinai) vanno considerati, dal punto di vista del diritto internazionale, come tre casi distinti da affrontare, perché la loro posizione giuridica è differente in base al fatto che erano, anteguerra territori con uno statuto giuridico assai distinto:

  • Penisola del Sinai
  • Giudea e Samaria (Cisgiordania o West Bank) e Striscia di Gaza
  • Alture del Golan

Per quanto concerne la penisola del Sinai, non vi sono dubbi che, fino al giugno 1967, la penisola fosse sotto la sovranità riconosciuta dell’Egitto, in quanto il confine, internazionalmente riconosciuto, era quello che divideva la penisola del Sinai dal Mandato britannico di Palestina come sancito dalla Società delle Nazioni nel 1920 con atto vincolante (vedi cartina 2) e nella zona nord, il confine, passava da Rafah. Quindi, l’occupazione egiziana della Striscia di Gaza avvenuta nel 1948, con una atto di aggressione armata contro Israele, non era legale dal punto di vista del diritto internazionale.

La conquista territoriale israeliana sul fronte egiziano avvenuta nel 1967 va considerata in maniera differente: conquista di un territorio (Striscia di Gaza) del quale Israele aveva (fino al 2005) diritto di sovranità ma non ne deteneva il possesso a causa dell’occupazione egiziana, e di un territorio (penisola del Sinai) del quale invece non aveva diritto di sovranità.

Per quanto concerne la penisola del Sinai, la sovranità sul territorio era, secondo il diritto internazionale, a pieno titolo dell’Egitto. Ne conseguiva che, la sua conquista da parte di Israele pur essendo legale (in base all’art. 51 dello Statuto ONU), non aveva basi giuridiche perché esso potesse rivendicarne la sovranità – cosa che Israele non ha mai cercato di fare. La questione doveva essere quindi risolta tra le parti con un accordo. Tale accordo fu raggiunto con il trattato di pace firmato il 26 marzo 1978, con il quale Israele si impegnava a ritirarsi dalla penisola del Sinai fino ai confini “mandatari”. Ciò significa che, nella zona nord, il confine ritornava ad essere quello di Rafah. Ogni rivendicazione egiziana sulla Striscia di Gaza cessava. Ci fu solo un contenzioso relativo al confine all’estremo sud della penisola: nella zona di Taba in quanto entrambe le parti ne rivendicavano il possesso. Fu istituita una commissione arbitrale internazionale che stabilì – utilizzando vecchi documenti e cartine degli anni ’20 e ’30 – che il territorio in questione e la cittadina di Taba erano sempre state sotto il controllo egiziano (anche sotto protettorato britannico).

Quando, nel 1922, l’Egitto divenne indipendente e fu istituito ufficialmente il Mandato britannico di Palestina, tale zona era sotto sovranità egiziana. Israele accettò senza eccepire la decisione della commissione.

In mancanza di accordi tra Stati confinanti come è successo nella stragrande maggioranza dei casi è stato stabilito un principio che è diventato un cardine del diritto internazionale, si tratta del “Principio della successione degli Stati”. Esso stabilisce che i confini di un nuovo Stato ricalchino esattamente i confini dell’entità statuale che lo ha preceduto. Questo principio è stato utilizzato per designare i confini degli Stati nati dal processo di decolonizzazione, dagli Stati nati dai Mandati della Società delle Nazioni e dagli Stati nati dall’implosione di Stati multietnici come ad esempio URSS e Jugoslavia. Lo scopo principale di questo principio è quello di ridurre il più possibile i contenziosi tra gli Stati ed evitare, in questo modo guerre per dispute di confine.

Relativamente alla Striscia di Gaza, la situazione era più complessa. Come già evidenziato, il vecchio confine internazionale tra l’Egitto e il Mandato britannico di Palestina, fino al 1948, passava dalla città di Rafah a nord (vedi cartina 3) e a Taba a sud.

Dopo la creazione dello Stato di Israele, l’Egitto, assieme ad altri quattro Stati arabi, invasero il neonato Stato con l’intento di distruggerlo e spartirsi il territorio. L’esercito egiziano entrò nel territorio israeliano da sud. L’obiettivo dell’alto comando egiziano era quello di puntare alla città di Tel Aviv a nord e Beer Sheva ad est. Dopo aspri scontri l’esercito egiziano fu fermato. Le posizioni tra i due eserciti si cristallizzarono in quella porzione di territorio – una sorta di lingua di terra – israeliano che per la sua conformazione sarà conosciuta da tutti come la Striscia di Gaza. Va subito sottolineato che l’armistizio firmato tra Israele ed Egitto a Rodi nel febbraio del 1949, sancì una linea di cessate il fuoco e non un confine internazionale riconosciuto dalle parti. Su insistenza araba fu sottolineato il fatto che le linee di cessate il fuoco non costituissero dei confini. Riporto l’articolo V punto 2 dell’accordo per il cessate il fuoco:

  1. The Armistice Demarcation Line is not to be construed in any sense as a political or territorial boundary, and is delineated without prejudice to rights, claims and positions of either Party to the Armistice as regards ultimate settlement of the Palestine question.

         [La linea armistiziale non è da considerarsi in nessun modo come un confine politico o territoriale, ed è delineata senza pregiudicare i diritti, le rivendicazioni e le posizioni di entrambe le parti in merito alla risoluzione definitiva quella questione relativa alla Palestina.]

Alla luce di ciò non si può parlare in alcun modo dei “confini del ‘67” così come in ambito politico, diplomatico e sul piano dell’informazione si è soliti definire le posizioni determinate nel 1949 tra Israele, Egitto e Giordania. Oltretutto, le posizioni sono quelle del 1949 e non sono in nessun modo dei confini ma delle linee armistiziali. Perché allora si continua a usare l’espressione “confini del ‘67”? Per ragioni esclusivamente politiche. Questa espressione sottende implicitamente che fino al 1967 esistessero dei confini, senza tuttavia mai precisare chi fossero gli Stati confinanti. L’obbiettivo è di esercitare forti pressioni politico diplomatiche nei confronti di Israele obbligandolo ad abbandonare questi territori.

Per concludere. Secondo il diritto internazionale a chi appartiene la Striscia di Gaza? Semplice. Fino al 2005, quando avvenne il ritiro unilaterale israeliano e la contestuale rinuncia di sovranità, apparteneva a Israele in base al principio di successione degli Stati, essendo stata parte del territorio mandatario di cui Israele è il legittimo successore. Dal 2005 ad oggi la sovranità è stata affidata all’ANP.

 

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