Israele e Medio Oriente

Le paghette dei palestinesi ai terroristi

Non di paghette si tratta, né di un aiuto umanitario, ma di un vitalizio. Noi vogliamo abolire il vitalizio ai nostri parlamentari, ma a Ramallah hanno inventato il vitalizio ai terroristi. Un vitalizio che ha un fortissimo significato politico, oltre che etico.
Il bilancio dell’Autorità Palestinese include un importo di 347 milioni di dollari pagati nel 2017 ai terroristi, e prevede di aumentarlo a 403 milioni di dollari nel 2018.
Non sono fantasie malate degli estremisti israeliani, ma cifre ufficiali, calcolate sulla base di una aspettativa di vita dei terroristi incarcerati in Israele che li porti a vivere fino all’età di 80 anni, tutt’altro che irrealistica.
Il 21 luglio 2017 Omar al-Abed ha ucciso Yosef Salomon e due dei suoi figli, Elad e Chaya,, ferendo anche la moglie Tovah che era riuscita a nascondere gli altri figli impedendo all’assassino di uccidere anche loro. Omar è stato condannato a quattro ergastoli, ma riceverà dall’Autorità Palestinese 3.480.000 dollari se vivrà fino agli 80 anni.
I tre terroristi che nel 2015 hanno ucciso Naama ed Eitam Henkin davanti ai loro 4 figli riceveranno, se raggiungeranno quell’età, un importo compreso fra 2.770.000 e 3.100.000 dollari.
Abed al-Karim Adel Asi, che in marzo ha ucciso il rabbino Itamar ben-Gal, ha già ricevuto il primo pagamento mensile di circa 350 dollari e nel corso della sua vita può sperare di ricevere 3.480.000 dollari.
La precisa contabilità palestinese prevede di pagare 580 dollari al mese ai terroristi condannati in Israele a pene da tre a cinque anni, mentre i terroristi condannati in Israele a più di vent’anni, dunque a pene detentive previste per gli assassini, dovrebbero ricevere il quintuplo di quell’importo: più ebrei ammazzi, dice Abu Mazen, meglio ti paghiamo. Se non è un incentivo al terrorismo questo, di cos’altro possiamo discutere?
E poi ci sono i terroristi che sono cittadini israeliani. Loro ricevono un po’ meno, 145 dollari, che però possono arrivare a 2900 dollari al mese  se ammazzano più persone, e sono previsti aumenti dei compensi per chi è sposato ed ha figli.



I deputati arabi eletti al parlamento israeliano – già, in questo stato di apartheid gli arabi hanno i loro deputati, guarda caso legati strettamente all’Autorità Palestinese – hanno sostenuto che questi pagamenti sarebbero un vitalizio umanitario, non un incoraggiamento al terrorismo.
Ora il governo israeliano ha preso una decisione importante: una proposta di legge sancisce che gli importi pagati dall’Autorità Palestinese ai terroristi condannati in Israele saranno defalcati dalle tasse che Israele incassa per conto dell’Autorità Palestinese e periodicamente versa nelle casse di Abu Mazen. Il governo avrà la facoltà di non trattenere l’intero ammontare se vi saranno valide ragioni per farlo, e comunque investirà questi fondi in aiuti per le vittime del terrorismo.
Israele sta fronteggiando numerosi pericoli, che sono principalmente la proiezione delle ambizioni regionali iraniane e della promessa più volte ribadita da tutti i governanti ed ayatollah iraniani di annientare Israele. La travolgente vittoria di Hezbollah nelle elezioni libanesi non è certamente tranquillizzante, e non solo per Israele. L’Europa dovrà tener conto di questi mutamenti nello scacchiere mediorientale e del pericolo che essi, includendovi l’islamizzazione della Turchia ed ora anche della ex-laica Tunisia, rappresentano per i suoi valori e per la pace.

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