Storia di Israele e dell’Ebraismo

Mauthausen, uno sguardo da vicino | FOTO

Il Lager di Mauthausen è uno dei più noti campi nazisti e si trova in Austria, a pochi km dalla città di Linz. Successivo rispetto alla costruzione del primo campo, quello di Dachau in Germania, Mauthausen fu operativo dal 1938 al 1945 e la sua posizione venne scelta in favore della vicinanza ad importanti ed estese cave di granito, nelle quali si svolse l’attività forzata dei prigionieri.

Dal 1938 al 1943 il campo servì prevalentemente come centro di detenzione definitiva per oppositori politici ed ideologici, e si caratterizzò subito per la durezza delle condizioni e l’alto tasso di mortalità. Dopo il 1943, così come avvenne negli altri campi di concentramento in diretta conseguenza dell’evoluzione delle vicende belliche, il numero dei prigionieri aumentò notevolmente, passando dai 14.000 ca. (compresi nell’universo Mauthausen e campi satellite) a oltre 84.000. Molti dei prigionieri, oltre che nei lavori forzati, venivano impiegati nell’industria bellica, ma il sovraffollamento, combinato a fame e malattie, fece lievitare esponenzialmente il numero dei decessi. I prigionieri provenivano da più di 40 paesi europei, ed erano in maggior parte polacchi, e si afferma che il numero totale dei deportati negli anni sopra indicati si aggiri intorno ai 200.000.

Fotografie di Francesca Tosca Robicci

Oggi il campo è uno dei memoriali tra i più visitati relativi alla Seconda Guerra Mondiale e all’Olocausto. Ospita, a fianco dell’area delle baracche e del piazzale, i numeorsi edifici adibiti alle attività di immatricolazione, smistamento e soppressione del campo, nonché gli alloggi degli ufficiali tedeschi e le aree di detenzione dei prigionieri politici destinati all’isolamento. In alcune di queste strutture sono stati allestiti centri di documentazione ed esposizioni permanenti allo scopo di rendere nella maggiore interezza possibile la ricostruzione della vita nel campo e di tutte le azioni collaterali ad esso afferenti).

Il memoriale è aperto tutto l’anno ed offre un percorso di visita assai agevole e corredato di supporti audio per consentire anche la visita ai singoli visitatori. L’ingresso, tuttavia, è sconsigliato ai minori di 14 anni.
Le aree di visita si possono suddividere in alcuni principali blocchi concettuali, pur restando l’intera area un sostanziale memoriale ove restano disseminati numerosi segni commemorativi delle vite chi ne ha varcato la soglia, dalle aree boschive esterne dove si svolgevano le marce della morte, verso le cave, agli spiazzi dei cortili liberati per far posto a monumenti contemporanei alle varie comunità.
Il primo blocco di visita comprende l’enorme piazzale dell’appello, appena varcate le grandi mura sormontate da altrettanto imponenti torrette di guardia: una fortezza con funzione di controllo, più che difesa. Nella prima parte del complesso sono collocati gli edifici adibiti ad alloggio degli ufficiali tedeschi, mentre ai lati del piazzale sono collocate le prime baracche di legno e muratura dove trovavano posto lavanderia, cucine, prigione ed infermeria. In alcune di queste baracche venivano inizialmente trattenuti, ammassati, i deportati appena giunti al campo. Era nel piazzale che avveniva l’appello, che durava diverse ore – dato il numero dei presenti – sotto il sole, la pioggia, il vento o la neve.

Le baracche per i deportati erano 15 disposte su tre file, ognuna aveva la propria funzione ed il proprio “contenuto” assegnato. Oggi solo tre baracche sono rimaste nell’area adiacente la piazza dell’appello, e mostrano come esse fossero divise in due grandi stanze: in una le camerate destinate a dormitorio, con letti a castello in legno ovviamente non sufficienti per tutti, e nell’altra lo spazio adibito ai detenuti con funzioni di responsabilità della baracca. Al centro un piccolo interstizio con i servizi igienici e i lavandini. Nei momenti di maggiore affollamento ogni stanza era arrivata a contenere anche 400 detenuti.
Ciò nonostante, quello delle baracche rappresentava l’unico luogo al riparo e di riposo, pur essendo al contempo luogo di punizioni, promiscuità ed incomunicabilità, a causa della provenienza eterogenea dei detenuti.
Nelle vicinanze, il secondo “blocco di visita” del campo consiste negli edifici di infermeria del Lager, adibito a museo ed esposizione permanente già dal maggio 1970, con lo scopo di fornire un quadro generale della dimensione della deportazione nazista, della composizione della popolazione concentrazionaria e delle procedure adottate per la loro eliminazione: impiccagioni, fucilazioni, camere a gas, eutanasia, esperimenti scientifici. Nel 1940 venne installato un forno crematorio a due muffole. Una camera a gas venne invece installata nell’autunno del 1941 in un piccolo locale piastrellato, camuffato da doccia, ma con chiusure ermetiche. Fu in funzione dal 1942 al 1945, sostituendo i precedenti metodi di annientamento denominati “trattamento speciale”. Ne parleremo meglio a proposito del reportage sul Castello di Harteim.

Di particolare impatto il “Frigor”, un locale le cui pareti sono ricoperte da piastrelle e dove sono ancora visibili grosse tubature. Era una cella frigorifera dove venivano ammassati i cadaveri prima dello smaltimento con la cremazione.
Un ulteriore forno ad una muffola venne collocato nella parete attigua e messo in funzione anch’esso dal 1941 al 1945. A fianco, un banco di sezionamento per i cadaveri, dove rimane un impressionante pilozzino atto a raccogliere eventuali denti d’oro da conservare.
Uscendo dal campo, nella grigia pace comune ad ogni cimitero, colpisce una grande scarpata, dove venivano scaricate le ceneri del crematorio. Oltre il bosco, un campo tende adibito nel 1944 a sostenere l’arrivo dei prigionieri in soprannumero negli ultimi anni di guerra, decentrati da molti altri lagher che vennero soppressi con l’avvicinarsi delle truppe alleate. I trasferimenti dei deportati in questi campi più interni avvenivano su vagoni scoperti ma piu frequentemente a piedi. Molti venivano uccisi o non resistevano alle marce, che presero presto il nome di “marce della morte”. Qui si possono vedere i 186 gradini della scala della morte che conduceva alla cava Wiener Graben.

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