Islam e Islamismo

Palestinesi: salvateci dal buon cuore degli occidentali | di Bassam Tawil

  • Ogni Palestinese sa, in cuor suo, che noi non vogliamo un nostro stato vicino ad Israele, quanto piuttosto al posto di Israele. Esso include tutto il territorio di Palestina e di Israele. Significa che gli Ebrei non hanno il diritto di esistere neanche su un granello di esso.
  • Il Presidente Palestinese Mahmoud Abbas afferma di voler raggiungere un accordo di Pace con Israele. Ma allo stesso tempo egli, insieme ai suoi sostenitori, incita i Palestinesi a pugnalare, investire e colpire a morte gli Israeliani, insieme idealizzando, glorificando e finanziando – con i fondi ricevuti dagli Stati Occidentali – i terroristi e le loro famiglie.
  • Il popolo Palestinese è pressoché totalmente radicalizzato, persino nella West Bank (Cisgiordania). Non sembra affatto preoccuparsi di vivere sotto un regime islamista regolato da Hamas o dallo Stato Islamico.
  • L’obiettivo di Abbas, con l’aiuto della comunità internazionale, è l’imposizione di una propria risoluzione ad Israele. Lo scenario che egli auspica – un completo ritiro all’assetto dei confini del 1967 – porrebbe Israele a rischio della sua stessa esistenza. Sarebbe poi solo una questione di tempo vedere lo stato Palestinese controllato da Hamas o dallo Stato Islamico.

Che dobbiamo farci con questi Americani ed Europei? Entrambi sembrano costantemente struggersi alla ricerca di un dialogo tra Israeliani e Palestinesi che possa concludersi in un accordo di Pace, e tuttavia sembrano tutti stranamente inconsapevoli del fatto che i Palestinesi non abbiano, in tutta onesta, accolto neanche la benché minima richiesta da parte Israeliana: la cessazione delle istigazioni (sottoscritta persino con gli accordi di Oslo – e che non richiede fondi!) ed il riconoscimento di Israele come Stato Ebraico. Molti in tutto il mondo immaginano Israele come il prossimo – e 22mo – Stato Arabo.

Per quanto sia difficile ammetterlo, gli Ebrei hanno un obiezione. C’e’ una legittima preoccupazione che senza un simile accordo, ci sarebbero due stati Palestinesi: la Cisgiordania e Israele – quindi in realtà tre se contiamo Gaza.

Americani ed Europei sembrano non aver realizzato che, per il popolo Ebraico, la richiesta del riconoscimento di uno Stato sia una condizione che precede qualsiasi discussione su Gerusalemme, anche basata sulla propria Storia. Prima del 1967, quando metà della città era sotto la Giordania – cioè dove la comunità internazionale vorrebbe adesso far arretrare Israele – circa 38.000 antiche lapidi furono rimosse dal Monte degli Olivi dai residenti Arabi per pavimentare latrine.

Questi Americani tanto buoni e gli altri Occidentali, nondimeno, spingono affinché Israele si comporti da “adulto responsabile” e compia un gesto unilaterale per dimostrare le proprie buone intenzioni. Richiederebbero cioè agli Israeliani di ritirarsi dai territori occupati e di portare con se gli Ebrei ivi residenti. Sembrano aver già dimenticato quanto accadde appena dieci anni fa nella Striscia di Gaza, quando Israele accetto di dimostrare le proprie buone intenzioni: gli Israeliani nel 2005 evacuarono unilateralmente ogni metro di terra a Gaza, cosi i Palestinesi poterono costruire la loro Singapore – e senza condizioni! In cambio, ricevettero la visita di Hamas e nove anni di guerra coi razzi. Se qualcuno pensa che Israele abbia intenzione di ripetere l’esperienza, si aspetti una grossa sorpresa.

In quanto Palestinese, apprezzo l’approccio umanitario che invita i forti ad aprire ai deboli, ma una onesta analisi dei punti in questione mi porta a chiedermi se gli Occidentali abbiano compreso o meno il Medio Oriente. Nella ricerca di una soluzione, continuano a fare ogni tipo di errore possibile. Prima di tutto, continuano a pretendere da Israele delle concessioni che minerebbero la sicurezza nazionale – e non pretendono dai palestinesi neanche una semplice affermazione, come ad esempio “Israele ha il diritto di esistere”.

Gli occidentali, sembrerebbe, vogliono come scoraggiare Israele dal fare concessioni. Ciò che sembra essere stato dimenticato è che secondo la risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, i territori resteranno occupati fintanto che la disputa non sarà risolta. Ora, questo crea un simpatico gioco di tira e molla: se non si risolve la disputa, i territori rimangono occupati, e tu puoi accusare gli altri di occuparti! Lo capiamo persino noi!

L’ultima trovata dei buoni Occidentali – assolutamente devastante per la situazione occupazionale dei Palestinesi – è quella di etichettare le merci provenienti dai territori occupati. Questo provvedimento non è richiesto a nessuna altra Nazione occupante: non alla Russia in Crimea o Ucraina, non alla Turchia con Cipro, al Pakistan nel Kashmir, e neanche alla Cina in Tibet. E’ sostanzialmente una forma di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), presumibilmente ideato per colpire economicamente Israele.

Ciò che i buoni Occidentali mancano di vedere è che le loro minacce rafforzano solo la percezione del pericolo da parte di Israele, e finiscono col creare il risultato opposto a quello voluto dagli Europei. Invece di portare Israeliani e Palestinesi al tavolo delle trattative, questa mossa rafforza, comprensibilmente, l’intenzione di Israele di proteggere se stesso. Ma esercitare una tale pressione non lo induce al suicidio. Piuttosto, rende sia Israeliani che Palestinesi più intransigenti che mai.

La minaccia Americana di trasformare Israele in uno Stato doppio, intende farlo rinunciare ai propri interessi vitali senza però aver niente in cambio dalla Palestina. In realtà, tale minaccia rende più rigide le posizioni Palestinesi e trattiene i nostri leaders dall’accogliere anche la più piccola richiesta Israeliana. La minaccia Americana è sostanzialmente un ostacolo alla pace.

Soprattutto, ciò che gli Occidentali sembrano non capire, sconcertantemente, è che lo scopo del corrente incitamento all’attacco da parte dell’Autorità Palestinese (PA) deriva dal desiderio di rimpiazzare Israele con uno stato Palestinese. Guardiamo per un attimo l’Autorità Palestinese. Nel Medio Oriente, prima o poi, quello che potrà crollare, lo farà, indipendentemente dagli sforzi fatti per puntellarlo. Gli Israeliani, tutto molto esperti, sono comprensibilmente non intenzionati a giocare a dadi con l’attuale leader PA, Abbas. Il rantolo del suo regime risuona più forte ogni settimana, come ogni Occidentale sarà sicuramente in grado di costatare. Quindi, se la PA può spirare in ogni momento, come può chiunque chiedere ad Israele, di mettere il proprio futuro nelle mani tremanti di Abbas? Gli occidentali vogliono seriamente che Israele consegni la propria sicurezza in cambio delle vuote promesse di un regime a un passo dall’implosione? Sfortunatamente, gli Israeliani sanno – di nuovo, dalla storia – che le promesse Palestinesi non valgono una vecchia scarpa. Ancora, giusto come esempio, con gli accordi di Oslo, i Palestinesi hanno sottoscritto un accordo per scongiurare il terrorismo e favorire la diplomazia.

Abbas può anche impersonare il Presidente della Palestina, ma chi rappresenta? Certamente non rappresenta i Palestinesi della Striscia di Gaza, Israele, Giordania, Libano, Siria e tutti gli altri posti dove ci sono palestinesi. Non rappresenta neanche i palestinesi nella sua Cisgiordania. Larghe schiere di Palestinesi in Cisgiordania non considerano più Abbas il loro rappresentante legale. Il suo ufficio si e concluso anni fa, egli è oggi nel suo undicesimo anno del suo mandato quadriennale. Io posso anche prometterti di venderti quell’olivo laggiù, ma che accade se non è mio quell’olivo? Egli non può credibilmente promettere niente a nessuno.
I Palestinesi a Gaza rifiutano anche la legalità del potere di Abbas. Supportano Hamas. Non solo questo, ma nella Cisgiordania, dove i sostenitori di Hamas costituiscono circa meta della popolazione. Il loro obiettivo è di distruggere l’autorità palestinese e Abbas con essa.

Israele ritiene il Presidente Palestinese un malato terminale, tenuto in vita artificialmente. Sebbene faccia completo affidamento su tale misericordia, la posizione di Abbas è talmente debole che per restare al potere egli ha bisogno di compiacere i suoi stessi oppositori, il “fronte della resistenza” e le organizzazioni terroristiche islamiche nei campi Palestinesi. Egli quindi sostiene di voler raggiungere un accordo di pace con Israele e che “le mani dei Palestinesi sono tese in pace”, ma allo stesso tempo, attacca incessantemente Israele sul fronte internazionale, nelle agenzie delle Nazioni Unite e alla Corte Internazionale. Nel frattempo, egli e il suo seguito incitano i Palestinesi a pugnalare, investire e colpire a morte gli Israeliani, insieme idealizzando, glorificando e finanziando – con i fondi ricevuti dagli Stati Occidentali – i terroristi martiri e le loro famiglie.

Hamas e ISIS per lo meno sono onesti. Apertamente ripetutamente dichiarano la propria intenzione di distruggere i luoghi degli infedeli come Israele e Roma, nello stesso modo in cui l’Islam conquistò la precedente sede della Cristianità, Costantinopoli. Abbas, invece, è un codardo ipocrita che inganna con successo il mondo intero parlando di pace mentre incita il terrore. Se un’organizzazione terrorista islamica prenderà il controllo della Palestina, renderà in realtà la vita più facile ad Israele. Israele sara in grado di giustificare la propria posizione in merito alla sicurezza e al terrorismo nei territori occupati – senza dover negoziare, far concessioni, o elemosinare alla Palestina il riconoscimento.

Ci sono alcuni Israeliani che son preoccupati del possibile crollo di Abbas e la presa di potere dei radicalisti islamici di Cisgiordania. Ma nessuna nazione occidentale sosterrà l’insediamento di un emirato islamico nella West Bank. Gli Islamisti uccideranno i leader della Autorità palestinese, come fece Hamas nel 2006-2007 a Gaza. E, come al solito, sono i Palestinesi soffriranno.

Le uniche persone realmente spaventate dall’ipotesi che Hamas o ISIS prendano il potere in Cisgiordania sono Abbas e Fatah. La leadership palestinese sarebbe giustiziata sommariamente ed i suoi averi confiscati. Il popolo palestinese, dall’altra parte, pressoché già totalmente radicalizzato, non sembra affatto preoccuparsi di vivere sotto un regime islamista regolato da Hamas o dallo Stato Islamico. Sono Mussulmani: molti credono che questo li renderà più puri.

Il rifiuto Palestinese di riconoscere Israele come stato Ebraico non è solo un problema semantico soggetto a mutamento. È una ideologia profondamente radicata che non cambierà mai, è parte integrante della percezione militante Palestinese-Islamista secondo cui gli Ebrei sono una setta religiosa – non una nazione – e quindi non meritano una propria sovranità, una patria o una nazionalità.

I Palestinesi, come gli altri mussulmani in tutto il mondo, credono che terra che fu conquistata dall’Islam diviene parte del waqf, una dote dell’Islam, posseduta in perpetuo. Questo include le terre della Palestina e Israele, e significa che gli Ebrei non hanno il diritto di esistere neanche su un granello di esso.

I nostri leader sanno che il riconoscimento dello stato ebraico significherebbe l’annullamento del “diritto di ritorno” dei rifugiati Palestinesi nello stato di Israele, e lo stabilirli nel nuovo Stato Palestinese. Semplicemente, non posso essere d’accordo. Ogni Palestinese sa, in cuor suo, che noi non vogliamo un nostro stato vicino ad Israele, quanto piuttosto al posto di Israele. I Palestinesi non hanno rinunciato al diritto di ritorno e non lo faranno, in fondo in fondo sperano che questo porti all’estinzione demografica di Israele e, sulle sue rovine, la stabilirsi di uno stato di Palestina.

Gli ebrei che vivono in Medio Oriente comprendono le dinamiche del Medio Oriente, e la sfida di mantenere uno stato indipendente e democratico in una regione sconvolta dal caos e lotte intestine. Sanno che coloro che strizzano gli occhi sono percepiti come deboli, e che ogni sguardo abbassato è percepito dal nemico come una porta aperta.

Nonostante le minacce dell’Occidente, Israele non sembra particolarmente scosso. Israele ha aperto un ampio mercato nell’Estremo Oriente e sembra avere molto successo. Demograficamente, il numero di Ebrei tra il fiume Giordano e il mar Mediterraneo è in aumento.

Ciò che i nostri leader a scadenza hanno fallito, è stato il non avvedersi che Israele ci ha teso una trappola: stanno portando avanti i loro piani sulla base delle nostre intransigenze. I nostri leader sono incoraggiati solo da false speranze e irragionevoli aspettative offerte loro dai buoni Occidentali. Le loro intenzioni possono anche esser buone, ma rifiutano ostinatamente di vedere che i nostri leader semplicemente non hanno la volontà, il coraggio, l’abilita di preparare altro che un piatto di fango. Abbas e l’Autorità Palestinese preferiscono lasciare le cose come stanno piuttosto che essere denunciati come traditori del loro popolo per sedere al tavolo delle trattative con gli Israeliani. Abbas sa – mentre molti leader Europei sembrano non sapere – che senza la presenta di Israele in Cisgiordania, Hamas e lo Stato Islamico lo giustizierebbero nella pubblica piazza domani stesso, con i suoi sostenitori.

Abbas non intende tornare a negoziare con Israele poiché non ha assolutamente nulla da offrire. Il suo principale obiettivo al momento, con l’aiuto della comunità internazionale, è quello di imporre una risoluzione ad Israele. Lo scenario che egli auspica – un completo ritiro all’assetto dei confini del 1976 – porrebbe Israele a rischio della sua stessa esistenza. Sarebbe poi solo una questione di tempo vedere lo stato Palestinese controllato da Hamas o dallo Stato Islamico.

Ringraziamo dunque questi cari e buoni Occidentali per le loro ottime intenzioni. Ma sono loro a causare sofferenza a chiunque e a concludere niente. Il nostro augurio per l’anno nuovo è, di grazia, per questi occidentali di buon cuore, di smetterla.

Di: Bassam Tawil , giornalista palestinese di GatesoneInstitute

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